Ce le hanno vietate per anni, appena le analisi del sangue iniziavano a restituire valori di colesterolemia superiori alla media. Oggi, però, la ricerca scientifica ci tranquillizza (finalmente!): le uova non alzano il colesterolo.
L’equivoco nasce dal fatto che l’uovo è, in effetti, un grande contenitore di colesterolo, concentrato interamente nel tuorlo: un solo uovo vanta ben 220 milligrammi di questo grasso, praticamente l’80% del fabbisogno quotidiano consigliato di colesterolo. Tanti anni fa, quando la scienza dell’alimentazione non era ancora così evoluta, questo bastava e avanzava per far guardare le uova con sospetto. Troppo a lungo, poi, è durato il monito delle istituzioni sanitarie a consumare al massimo due uova alla settimana, un limite ritenuto insensato dai nutrizionisti un po’ più aggiornati. Che avevano ragione: gli studi più moderni hanno accertato che, nella maggior parte delle persone, il consumo di uova ha un impatto nullo o poco rilevante sui livelli di colesterolo nel sangue. In buona sostanza, non è il colesterolo contenuto nei cibi ciò che fa innalzare il colesterolo nel nostro corpo.
Parallelamente, si è visto che sul colesterolo ematico hanno un’influenza ben più significativa altre componenti alimentari: i grassi saturi (come quelli che si trovano nel formaggio), i grassi trans (in snack dolci e salati di produzione industriale) e – aspetto che ha lasciato stupiti molti – lo zucchero e gli alimenti che lo contengono (dolci, bibite pronte e quant’altro).
Lo zucchero e, in generale, l’eccesso di carboidrati semplici stimolano la produzione di colesterolo endogeno, ossia quello prodotto autonomamente dal nostro corpo, nel fegato per la precisione. Lo fanno aumentando l’attività di un enzima chiamato HMG-CoA reduttasi, che è il regolatore chiave della sintesi del colesterolo. Tale enzima, tra l’altro, è proprio il bersaglio delle statine: i farmaci più prescritti per abbassare il colesterolo inibiscono l’HMG-CoA reduttasi.
Quando si consumano dolci e zuccheri semplici, questi vengono metabolizzati in glucosio e contribuiscono a causare picchi di glicemia e a sollecitare, così, la produzione di insulina da parte del nostro pancreas. L’insulina, a sua volta, attiva l’enzima HMG-CoA reduttasi e addirittura ne fa produrre al corpo maggiori quantità. Tutto ciò porta a un aumento della sintesi di colesterolo.
Inoltre, l’eccesso di zucchero viene convertito in acidi grassi e immagazzinato sotto forma di trigliceridi. Alti livelli di trigliceridi peggiorano il profilo lipidico generale e sono caratteristicamente associati a un’indesiderata riduzione del colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”) e a un incremento delle particelle LDL più piccole e dense, che sono le più aterogene e aumentano il rischio di patologie quali infarto e ictus.
E c’è persino di più: il consumo abituale di troppi zuccheri è in grado di causare infiammazione sistemica e di aumentare il rischio di insulinoresistenza. In condizioni di iperinsulinemia cronica (ovvero di insulina sempre alta), si ha la stimolazione costante dell’HMG-CoA reduttasi, che porta alla sovrapproduzione di colesterolo endogeno e, in particolare, a livelli elevati nel sangue di colesterolo LDL.
Lunga vita alla frittata e abbasso la zolletta, dunque!
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