Tiziana Pasetti
Trama – 1944, Roma. Gli Alleati sono sbarcati ad Anzio e le truppe tedesche cominciano a sentire la morsa che precede la sconfitta. Il giovane maggiore dei servizi segreti della Wehrmacht, Martin Bora, è venuto in missione a Roma. Qui ritrova l’ispettore di polizia Sandro Guidi, sua recente conoscenza, richiamato dal Veneto per condurre l’indagine sulla morte di Magda Reiner, un’addetta dell’Ambasciata tedesca volata dal quarto piano del palazzo in cui abitava. Suicidio oppure no? Le chiavi dell’appartamento, trovato chiuso, non si trovano all’interno e questo fa sorgere mille dubbi intorno al caso. Dubbi legati anche alla condotta sessuale di Magda, donna innamorata dell’amore e al centro di una rete di relazioni intrattenute con più uomini contemporaneamente. Sarà stato uno di loro a ucciderla mettendo in scena un gesto disperato? Martin cerca di risalire alla verità insieme a Guidi – che poi riuscirà a salvare, grazie a una mossa ardita, dalla fucilazione alle Fosse Ardeatine – dimostrando l’innocenza del maggior indiziato, il Ras Merlo, gerarca incorruttibile del PNF. La guerra corre di pari passo all’esistenza e Bora deve gestire la delusione del suo stesso cuore: sua moglie Dikta, amatissima, è arrivata a sorpresa a Roma. Donna dalla personalità algida e distante non ha fatto il lungo viaggio per amore ma per chiedergli di chiudere il loro matrimonio con l’annullamento davanti alla Sacra Rota.
Un assaggio – Tutto quello che Bora sapeva era che il feldmaresciallo Kesserlring si trovava ancora ad Anzio o ne stava tornando, probabilmente per la strada che passava fra paesi un tempo fiorenti dei Colli Albani. Raggiungerlo in zona di battaglia era un proposito disperato, ma decise di puntare dritto su Genzano, che a trentacinque chilometri di distanza era il più lontano dei Castelli romani, e che gli avrebbe consentito di seguire le sue tracce a ritroso se l’avesse mancato laggiù. La campagna viveva quel periodo dell’anno in cui ogni ora segna una differenza di colore, una nota diversa nell’intensità del verde. I mandorli sbocciavano lattei lungo i pendii e gli antichi speroni di lava; in un altro momento, Bora avrebbe amato quella vista. Ora non lo interessava affatto. Quando un ricognitore americano si librò sopra di lui, lo ignorò. Per un pezzo l’aereo seguì la sua auto a non più di una quindicina di metri di quota, poi virò e scomparve nel cielo. I vulcani che costellavano la campagna a sud-ovest della città erano spenti da tempo immemore, e si erano riempiti d’acqua trasformandosi in laghetti tondi e splendenti come specchi. Le pendici erano verdeggianti e fitte di una boscaglia ininterrotta, che solo di recente le bombe avevano diradato qui e là. Diretto verso le alture boscose, Bora oltrepassò rovine antiche e nuove, senza badare a nessuna di esse. Erano quasi le undici. Le esecuzioni avrebbero avuto luogo quattro ore più tardi.
Leggerlo perché – Il ciclo che Ben Pastor, docente, saggista e scrittrice statunitense nata a Roma da una famiglia di origini abruzzesi nel 1950, ha dedicato a Martin Bora è eccellente per scrittura e precisione storica. Inserire la trama ‘gialla’ all’interno di ricostruzioni temporali e geografiche esatte conferisce ai testi un grande valore, qualcosa che supera la semplice scorrevolezza degli eventi tipici del genere più amato del mondo. Ho scelto questo tra i tanti titoli perché ambientato in una Roma a un passo dalla sconfitta, una sconfitta che in realtà è stata la sua salvezza. A pochi giorni dal Natale ma soprattutto dall’apertura dell’anno giubilare questo mi sembra il messaggio più bello e speranzoso: nelle sconfitte si nascondono spesso, e operano, i prodigi della salvezza.
Ben Pastor, Kaputt Mundi, Sellerio
Traduzione di Paola Bonini
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