«Stia tranquilla, signora. I bambini muoiono di fame solo nei Paesi dove non c’è cibo». Nonostante le parole realistiche e rassicuranti del pediatra, quando i miei figli non finivano il biberon andavo nel panico. E già me li vedevo sulla via (senza ritorno) della denutrizione.
Le preoccupazioni non si sono attenuate neanche durante la loro crescita. Infatti, mentre gli strufolini diventavano grandi io invecchiavo tra mille paure. Le più classiche, che si facessero male mentre praticavano sport. Si schiantassero in motorino. Guidassero l’auto in stato di ebbrezza.
Poco è cambiato oggi, sebbene si stiano avvicinando agli “anta”. Tant’è che basta una telefonata in un orario balordo per farmi presagire la tragedia. Ma non è tutto.
Da quando sono nati i miei figli, l’angoscia sull’incolumità fisica va a braccetto con la brama che siano felici. Così, se li vedo giù di tono, sono triste anch’io. E lo stesso vale per tutti i loro stati d’animo, che fluiscono a me come per osmosi.
So che molti genitori si riconosceranno nelle mie parole. Alle quali, invece, rimarranno indifferenti i giovani (sempre più numerosi) decisi a non calarsi in questo ruolo.
Proprio delle coppie che tali vogliono rimanere si parla nell’articolo Perché crescono le famiglie Dink (su Confidenze in edicola adesso).
L’acronimo indica la formula double income no kids (in italiano doppio stipendio e niente figli). Sulla carta molto allettante: da un lato, evita il marasma di sentimenti. Dall’altro, l’assenza di prole al seguito contempla una situazione economica florida.
Allora, provo a immaginare cosa sarebbe stato di me in versione Dink.
Di certo nei weekend mi sarei sparata ronfate fino al rifiuto. Nella quotidianità non avrei dovuto pensare a baby sitter, asili, scuole, compiti. Nel tempo libero mi sarei data alla pazza gioia tra ristoranti, vacanze, divertimenti.
E poi, ciliegina sulla torta, avrei conservato la libertà di decidere tutto all’ultimo momento, invece di organizzare con anticipo picnic, ritrovi al cinema il pomeriggio, festicciole in maschera, gite nei parchi-natura.
Come se non bastasse, in tasca mi sarei ritrovata un portafoglio gonfio come un pallone, non avendo dovuto affrontare uscite per vestitini, giocattoli, corsi, attività sportive…
Raccontata così, sembro un’idiota totale che si è lasciata sfuggire la ghiotta occasione di vivere con ritmi armonici, possibilità da pascià, zero responsabilità.
In realtà, la storia è un’altra: l’arrivo dei bimbotti ha dato il vero senso alla mia esistenza. Dal primo giorno. Certo, ci sono stati periodi faticosi e preoccupazioni economiche. Ma nel tempo mi sono resa conto che nessuno sforzo mi è pesato più di tanto. E che non c’è un centesimo di euro speso per i miei figli (invece che per me) di cui mi sia mai pentita.
Aggiungo che, ancora oggi che sono grandi e vaccinati, io gioisco alla sola idea di saperli al mondo, trasudando amore puro da tutti i pori.
Ecco perché, se mi trovassi di fronte a una coppia Dink, la esorterei a ripensarci: diventare genitori comporta sì dei sacrifici. Ma la ricompensa non ha prezzo.
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