Dall’11 febbraio Carlo Conti torna per la quarta volta alla conduzione del Festival di Sanremo, di cui è anche direttore artistico. Accanto, avrà una schiera di co-conduttori per rendere speciali queste cinque attesissime serate. Ne abbiamo parlato con lui.
Sei quasi un veterano del Festival, l’hai già condotto tre volte (2015, 2016, 2017). Quanto lavoro e quanta fatica ci sono dietro a questa settimana che, quasi, ferma l’Italia?
«Per me la preparazione non è fatica, sono altri i mestieri che fanno faticare! Sicuramente è un grande impegno, ma la fase più importante è passata. Sentivo moltissimo la responsabilità per la scelta delle canzoni. Quello che resta adesso è lo show. Però, non mi spaventa, ci sono abituato. Ora il difficile sarà per i cantanti, non per me».
Francesca, tua moglie, è stata felice che tu abbia accettato questa s da? Era preoccupata per il vortice di impegni che sarebbero arrivati?
«Mia moglie si fida di me e delle mie scelte. All’inizio, quando i vertici Rai mi hanno chiesto di tornare alla direzione del Festival, avevo rifiutato e lei era d’accordo. Ma poi, quando mi hanno convinto, mi ha appoggiato».
Quante canzoni hai ascoltato?
«Moltissime, veramente! Rappresentavano tanti mondi diversi. Ho cercato di comporre un mosaico che tenesse conto sia dei gusti musicali del momento sia di quello che chiedono le radio. Ma ho voluto portare in gara anche qualcosa di diverso, fuori dagli schemi. Qualcosa che potesse far scaturire una riflessione o un sorriso. Ho capito tutte le difficoltà vissute da Amadeus negli anni scorsi, perché la musica italiana offre un’infinità di proposte valide. E Ama mi ha fatto i complimenti per le scelte. Comunque, di sicuro ci risentiremo prima dell’inizio, siamo amici».
C’è qualche no che ti è pesato?
«C’erano altri sei o sette brani che avrebbero meritato di entrare in gara. Ma ho già aumentato gli artisti da 26 a 30 (poi scesi a 29 per il ritiro di Emis Killa, ndr), non si poteva fare di più».
Quest’anno le canzoni sembrano essere più intimiste che socialmente impegnate. È così?
«Le ho scelte fra quelle che mi hanno presentato. Però è vero, molti brani raccontano tormenti o emozioni personali. Questo non vuol dire che non parleremo anche di temi sociali».
Nelle cinque serate ti accompagnerà un folto gruppo di co-conduttori. Per la prima hai scelto due colonne della tivù: Antonella Clerici, storico volto Rai, e Gerry Scotti, personaggio di punta a Mediaset. Come mai?
«Mi piaceva l’idea di condividere un evento che non è solo mio con gli amici e i colleghi che più stimo. Per me la parola d’ordine è sempre stata “insieme”. E apprezzo molto sia Antonella sia Gerry».
Invece, per la serata conclusiva hai scelto Alessia Marcuzzi. Secondo te cosa porterà sul palco?
«Ho avuto modo di ammirare Alessia a Tale e quale, dove ha portato freschezza e spontaneità, qualità che cerco per questo 75° Sanremo. E poi porterà la sua esperienza e la sua bellezza senza tempo. Con lei ci sarà anche Alessandro Cattelan, per la finale ho voluto con me due colleghi più giovani».
Ti affiancheranno anche diversi comici. Ci sarà da divertirsi?
«Niente monologhi, però. I comici regaleranno alle serate una brillante leggerezza. Infatti, non è previsto un copione, tutto succederà al momento».
Dopo tanti anni, qual è il primo ricordo che conservi del Festival?
«Mia madre lavorava come infermiera e faceva i turni di notte. Allora zia Liliana veniva a tenermi compagnia. Lei amava Sanremo e mi lasciava restare sveglio fino a tardi per seguirlo. Il mio primo ricordo è in bianco e nero: Lucio Dalla che cantava 4 Marzo 1943».
Tutti parlano di Sanremo, anche solo per dire che non lo guarderanno. È un fenomeno imprescindibile?
«È un po’ come la Nazionale ai Mondiali di calcio: catalizza l’attenzione e tutti in qualche modo lo seguono. Il merito è di Pippo Baudo, che lo ha fatto diventare un evento di grandissima portata».
Essere il direttore artistico di questo spettacolo così imporatnte può dare un leggero senso di onnipotenza?
«No. In realtà, solo di grande responsabilità. Il mio potere sta esclusivamente nella scelta dei brani». ●
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Intervista di M. G. Sozzi pubblicata su Confidenze n 6/2025
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