Tiziana Panella: «Adesso so che l’amore si moltiplica»

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La giornalista ha da poco sposato il suo compagno. Una scelta arrivata dopo un momento terribile, in cui lui ha rischiato la vita. Ma ora che la paura è passata, la coppia vuole vivere appieno ogni istante. Come ci racconta Tiziana

Lei è Tiziana Panella, giornalista e conduttrice di Tagadà, programma di informazione del pomeriggio su La7. Lui è Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’università Cattolica di Milano. Insieme hanno scritto l’intenso La vita due volte (Rizzoli) che parla di amore, dolore e rinascita. E che, di fatto, ripercorre la loro storia.

A chi è venuto in mente di dar vita a questo libro a quattro mani?

«A Vittorio. Ha sentito l’esigenza di raccontare quello che gli era successo, perché fin dall’inizio intorno a lui c’è stata un’ondata di affetto e attenzione. Voleva restituire qualcosa. Io ero in difficoltà, perché sono riservata. In più, sapevo che scriverlo avrebbe significato mettersi a nudo. Ma mi ha spinto la gratitudine. Sento infinita riconoscenza per chi si è preso cura di lui, salvandogli la vita. Per i medici e gli infermieri, che lo lavavano quando era come un bambino, incapace di tutto. Con il coma il corpo dimentica. E Vittorio ha dovuto imparare di nuovo a fare tutto, da deglutire a muovere le braccia».

Quando vi siete conosciuti?

«Ci eravamo solo incrociati negli studi di La7. Poi, con la guerra in Ucraina ho iniziato a invitarlo spesso a Tagadà, ma sempre in collegamento da Milano. Ad accorgersi che tra noi stava succedendo qualcosa sono stati i ragazzi della redazione. Mi dicevano: “Gli piaci e anche lui ti piace!”. Io ci scherzavo su. Però, lo guardavo con più attenzione».

Cosa ti ha colpito di Vittorio?

«Quando abbiamo iniziato a scambiarci messaggi, mi ha colpito una certa grazia, che poi è la sua cifra, un po‘ fuori moda, come il bacio sulla guancia con cui mi ha salutato dopo la nostra prima cena. Quella sera avevo paura di trovarmi a chiacchierare con un trombone, invece mi ha stupito la sua leggerezza».

L’amore ti ha colto di sorpresa?

«Sì. E ho provato a resistere. Mi dicevo: “Figurati, è una storia impossibile, abitiamo in due città diverse”. Acuta vero?».

Il 27 dicembre 2023, Vittorio è a Cortina per presentare un suo libro e viene colto da un malore. L’hai saputo subito?

«Mi ha telefonato lui. Ma pensavo fosse uno scherzo, visto che il giorno dopo dovevamo partire per le Maldive. Non potevo immaginare che fosse in corso una tragedia. Poi, dall’ospedale mi hanno avvisato che lo stavano trasferendo a Belluno con l’elisoccorso. Aveva una dissezione aortica».

Hai avuto più paura prima o dopo l’intervento?

«Sempre. Prima, durante e dopo. Perché non riuscivano a rianimarlo e perché mi chiedevo come si sarebbe svegliato».

In quei giorni hai conosciuto l’ex moglie e le sue figlie. Com’è andata?

«L’amore si moltiplica. Lo dicevo a mia figlia Lucia quando sono nate le sorelle che il papà ha avuto dalla nuova moglie. E così è stato per noi. Vittorio ci ha tenute tutte insieme».

Tua figlia Lucia (22 anni) studia Medicina. Ti rassicurava l’idea?

«Sì. Ma lei ha capito che se fosse venuta avrei dovuto accudirla, così è rimasta a Roma e ci sentivamo continuamente al telefono. Abbiamo un rapporto fortissimo. Lucia è la mia scommessa vinta. Ho una rara malattia degenerativa autoimmune che “accudisco”. Ogni tanto si palesa e mi fa porta al Pronto soccorso. Mia figlia l’ha sempre saputo. Quando aveva otto anni mi ha chiesto: “Ma i bambini sanno se i genitori stanno morendo?”. Le ho risposto: “Ti prometto che se deve succedere te lo dirò”. Ancora adesso che è cresciuta ogni tanto mi domanda: “Devi dirmi qualcosa?”».

È questo il motivo per cui ha deciso di iscriversi a Medicina?

«Sospetto che il nostro vissuto abbia influito. Già a 10 anni sosteneva che avrebbe scelto chirurgia d’urgenza. In lei c’era un costante bisogno di “aggiustare”».

Nel libro Vittorio racconta il coma e il suo desiderio di “tornare indietro” per poterti almeno salutare. Ora ti fa meno paura pensare alla vita dopo la vita?

«Non mi interrogo sul “dopo”, perché ciò che voglio è che noi stiamo qui. Morire è inevitabile, ma adesso che vivo con la paura di perdere Vittorio, mi sforzo di non pensarci. Lo voglio vivere tutto questo tempo supplementare che ci viene concesso, godermelo ogni minuto. Quando mi sveglio alla mattina, la prima cosa che faccio è dirgli che lo amo. Ed è bello, perché fa bene anche a me».

Quando si è svegliato dal coma, hai detto grazie a qualcuno?

«A lui, per aver combattuto. Voleva sposarmi, l’ha detto dall’inizio, ma io rispondevo con una battuta. Quando si è svegliato ha chiesto alle sue tre figlie di fargli da testimoni e me l’ha riproposto. La cosa buffa è che prima non ne sentivo la necessità, la nostra relazione si era trasformata in un grande amore, mi bastava così. Invece, dopo la malattia ho capito che era necessario per me. Eravamo diventati un “insieme”, ma la nostra condizione civile questo non lo raccontava».

Il 18 gennaio scorso, a un anno da quella brutta avventura, siete convolati a nozze. Hai pianto il giorno del sì?

«C’è voluto tempo perché Vittorio recuperasse, ma ce l’abbiamo fatta. Al matrimonio ero commossa, emozionata e ho pianto. Ma anche gli altri avevano le lacrime agli occhi. Dal mio futuro marito mi ha accompagnato Lucia, che tremava come una foglia. Loro due si vogliono molto bene».

Hai indossato due abiti, uno bianco e uno rosso. È stato bello sceglierli?

«Quello rosso l’ha confezionato una brava sarta. Mentre il bianco non era previsto. Ma eravamo andate in un negozio per trovare un modello di quel colore per mia figlia e la proprietaria mi ha proposto di provarne uno anch’io. Lucia mi ha detto: “È il tuo”».

Il viaggio alle Maldive lo farete mai?

«Per ora no, ho troppa paura. Stiamo decidendo la meta della luna di miele, la prima cosa che guardo è dov’è l’ospedale».

Scherzi te ne fa ancora?

«Meno. Però, ogni tanto se mi arrabbio mi dice: “Sento un dolore allo sterno”».

A chi consigli di leggere il vostro libro?

«A tutti. Ma sicuramente alle persone che hanno vissuto da vicino un’esperienza simile alla nostra. E a chi sente il bisogno di un po’ di conforto».

 

Intervista di M. G. Sozzi pubblicata su Confidenze n 16/2025

Foto copertina: Gianmarco Chieregato

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