Nel 2013 gli italiani hanno perso nel gioco 17 miliardi di euro. La spesa complessiva nelle giocate è stata pari a 84,7 miliardi di euro, 67 dei quali sono tornati nelle tasche sotto forme di vincite. Ma il resto è stato buttato al vento. È un triste primato per il nostro Paese, visto che nel mondo sono solo 10 le nazioni dove si perdono più di 10 miliardi di euro all’anno in macchinette e giochi on line: l’Italia è al quarto posto dopo Stati Uniti, Cina, Giappone (fonte H2 Gambling Capital).
Ancora, stando agli ultimi dati disponibili del libro blu dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Stato (2013) le entrate erariali derivanti dalle slot machines ammontano a 4,3 miliardi di euro e poi ci sono i Gratta&Vinci, le sale Bingo, la Lotteria Italia e i giochi in rete, insomma un giro d’affari che porta nelle casse dello Stato 8 miliardi di euro all’anno. Peccato che gli stessi guadagni siano quasi azzerati dai costi sociali sostenuti dallo Stato stesso per guarire le persone dal vizio del gioco (si parla di 6-7 miliardi di euro di spesa annua). Infine, un altro triste primato: l’Italia ha in assoluto la più alta densità di slot machine: da sola ne ospita 414.000, circa la metà di quelle presenti negli Stati Uniti. In pratica ogni 143 abitanti c’è una macchinetta mangiasoldi (dati Euromat).
Pubblichiamo questi dati perché sul numero 21 di Confidenze, nella storia vera di Francesca Colosi, “Un padre tossico”, c’è la testimonianza di una figlia alle prese con il genitore vittima del gioco d’azzardo. Il rituale descritto è quello di una vera e propria dipendenza camuffata dal miraggio della vincita: “Lui che esce per andare a lavorare, poi lui che lascia l’università, il suo studio pieno di volumi di letteratura angloamericana. È venerdì ed è pronto per prendere un aereo. Partirà per Montecarlo, là dove gli amanti malati dei tavoli verdi vanno ad affannarsi tra fiches e croupier indemoniati”.
L’aspetto importante che emerge dal racconto è che il vizio del gioco d’azzardo investe ogni strato sociale, è un fenomeno trasversale, indipendente dal grado di cultura e dalla professione svolta. Nel servizio trovate anche l’intervista alla psicoterapeuta Paola Vinciguerra che precisa come, in tempi di crisi, ci sia il rischio di vedere aumentare tali dipendenze, invece che diminuire.
E vien da pensare a quanto questo sia vero, facendo un semplice giro per le strade delle nostre città: a Milano, per esempio, dove un tempo c’era un cinema, in viale Gran Sasso, oggi ci sono sei vetrine oscurate di una sala da giochi. Vicino a casa mia, al posto di una banca ha aperto un’enorme sala giochi con tanto di scritta “vietato l’ingresso ai minori di anni 18”.
Per non parlare della legge che vieta di tenere slot machine nei bar che si trovano nel raggio di 500 metri di una scuola. Chi la rispetta? Chi va a controllare? Difficile pensare alla prevenzione del fenomeno se da parte delle autorità locali non c’è la minima attenzione ad arginarlo.
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