Qualche anno fa, nel 2011, mi sono sposata. Poi, a settembre, sono rimasta incinta. Pochi giorni dopo, quando ancora non sapevo che sarei diventata mamma, una mattina ho ricevuto una telefonata in cui mi dicevano che una delle mie migliori amiche era morta. A 31 anni.
Lei era Elisa ed è stata per moltissimo tempo l’unica persona con cui mi sono confidata. Ed è anche stata la ragazza con cui ho riso e mi sono divertita di più. Insieme, abbiamo preparato torte, organizzato feste, giocato a Monopoli, imparato a parcheggiare la macchina. Lei mi chiamava Cordix, storpiando il mio cognome (Cordero), per me lei era semplicemente Eli.
Quando è morta, ho avuto paura d’impazzire per il dolore. Anzi, non credevo, non volevo credere che se ne fosse andata.
Poi, è passato il tempo, è nata mia figlia (che non a caso ho chiamato Elisa), sono successe tante cose. Sono di nuovo stata felice. Ma il suo ricordo, il pensiero di lei che non c’è più, è una ferita sempre aperta.
Perché non ha potuto conoscere la mia bambina? Perché non ha potuto a sua volta diventare moglie, o madre, o compagna, o qualsiasi cosa desiderasse per il suo futuro? Perché mi ha abbandonata? Perché non c’è più nessuno che mi chiami Cordix?
Leggendo sul numero 30 di Confidenze l’articolo Si possono cancellare i brutti ricordi?, questa domanda me la sono fatta anch’io.
Nell’articolo, si parla di una teoria interessante che lo psicoterapeuta Giulio Cesare Giacobbe spiega anche nel libro Come cambiare il proprio passato con il trapianto di memoria (Mondadori, 16 euro). Una teoria secondo la quale sarebbe possibile intervenire sui ricordi che ci fanno male per sostituirli con immagini meno dolorose.
Voi sareste disposte a dire addio ai vostri ricordi più difficili? Io no. Sembrerà strano, ma ogni tanto voglio ancora distruggermi l’anima pensando alla mia amata amica Elisa.
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