“Abbiamo una bella casa. Tre piani, semi-indipendente, stile edoardiano, affacciata su un viale costeggiato da sicomori nell’area residenziale del Surrey. Era un rudere quando l’abbiamo comprata, quattordici anni fa. Tutta in mattoni rossi, con le finestre a bovindo originali; dentro abbiamo buttato giù qualche muro e ne abbiamo tirato su di nuovi. Un po’ come nel nostro matrimonio, in realtà”.
Quando Beth è arrivata per Adam tutto è diventato più semplice. Vivere, imparare ad amare e in parte a dimenticare. Quando Beth è arrivata Adam ha creduto davvero che sarebbe non solo stato per sempre, ma che lo sarebbe stato riuscendo a curare tutte le crepe del passato. Quello remoto e quello a un passo dal presente. Beth. Il suo sorriso. E Meg, la bambina avuta insieme, amatissima.
Quando Beth è arrivata Adam ha chiuso un occhio. Su una parte di vita. Sulle scelte casuali legate alle recrudescenze adolescenziali. Sulle ripercussioni impossibili da ignorare ma da nascondere con maestria. A Beth, ovviamente. A se stesso, in fondo.
Solo che la Vita è più grande e più complessa e più capricciosa di una Piccola Impresa Personale. La vita prevede un Coro che non resta sempre sullo sfondo, che parte pianissimo ma cresce fino al fortissimo, che copre e divora ogni solista esasperato e in debito di fiato.
Adam ha ceduto. Ha tradito. Beth ha perdonato, la prima volta. La seconda no, lo butta fuori. Senza sapere ancora che in realtà la Verità vera è un’altra. Ha un nome. Noah.
Non svelo altro, della trama di questo splendido romanzo d’esordio.
Vi consiglio però di leggerlo. È un libro che ci insegna qualcosa che dobbiamo imparare: ci insegna ad accettare che la coppia non risolve in un organismo nuovo le vite singole, che il passato non può essere nascosto, che con i propri problemi bisogna fare i conti per davvero. Un occhio tenuto chiuso troppo a lungo altera la visione dell’altro occhio e provoca crampi, tensioni, cronicizza.
Non basta. Questo libro fa qualcosa in più. Ci racconta una storia d’amore che vive la crisi della separazione, il dolore dell’allontanamento, il crollo di un sogno, la rabbia della scoperta di chi è stato tradito e quella di chi tradisce per un vuoto da colmare o forse anche per indole, il deserto affettivo che crea nei figli che osservano senza essere passivi. Ci insegna che arriva un tempo in cui bisogna capire e accettare che a volte la cosa giusta, e più amorevole, è lasciare che l’altro esca dal proprio presente. Solo in questo modo si può recuperare la parte buona di passato che abbiamo condiviso e puntare su un futuro – non più insieme, non più soli – ricco di opportunità e possibilità. Pieno di respiro.
___________________
Fionnuala Kearney, Noi due e gli altri, Neri Pozza
Ultimi commenti