L’Italia è un Paese di mammoni, lo sappiamo tutti. Ma nell’era della globalizzazione e della generazione Millennium che gira il mondo, ha senso riproporre ancora il modello di famiglia con cui siamo cresciuti noi e i nostri genitori?
Una volta era più facile vivere tutti sotto lo stesso tetto, soprattutto se si abitava in campagna e non in città. Non che questo mettesse al riparo da dissidi, anzi. Mia nonna, per esempio, mi raccontava di quando lei, maestra elementare neo- sposa, dovette litigare con la suocera perché quest’ultima pretendeva di amministrare la gestione familiare (e quindi anche il suo stipendio). Un’usanza allora molto diffusa nelle campagne lombarde, almeno fino alla prima metà del Novecento, e che nel caso di mia nonna causò una rottura familiare mai del tutto sanata. Senza tornare tanto indietro nel tempo, quante coppie ancora oggi fanno fatica a stare insieme per i rapporti conflittuali con le rispettive famiglie di origine?
Forse oggi le ingerenze della suocera o l’insofferenza verso i cognati non sono più motivo di divorzio (si spera), ma di tensione e litigi sì.
Perché è facile dire che quando si esce di casa ormai si è grandi e ci si forma la propria famiglia, ma poi nascono i figli e si ha bisogno di una mano e i genitori invecchiano e necessitano di assistenza. Con il risultato che da noi, a differenza degli Stati Uniti, il legame con i genitori non si recide mai.
Quando mi sono sposata sono andata ad abitare a 150 metri dai miei genitori, mio marito mi ha sempre preso in giro per questa cosa: «non allontaniamoci troppo… potrebbe essere pericoloso» diceva sarcastico. Ma come tante donne che lavorano, sapere di avere i genitori vicini quando si hanno i figli piccoli, è una grande comodità e in prospettiva lo sarà ancor più quando i miei diventeranno più anziani.
Per fortuna ho genitori discreti e poco invadenti: non hanno mai abusato della vicinanza per imporre la loro presenza.
Le cose si complicano un poco quando nella coppia uno dei due non tollera che l’altro si prenda cura di un genitore anziano rimasto solo e diventi geloso del tempo dedicato a quest’ultimo. La storia raccolta da Simona Busto “Il mio nuovo inizio” e pubblicata su Confidenze parla proprio di questa situazione, e di come Serena, la protagonista, si senta messa dal marito davanti a un aut aut:
“Pensi a loro più che a noi due. La tua famiglia è questa ora. Se vuoi dei bambini e una vita felice devi mettere te stessa davanti a tutto, altrimenti il nostro matrimonio non ha senso” .
È giusto che un marito si comporti così? O sbaglia Serena ad anteporre il padre malato alla sua vita di coppia?
Come si può trovare il giusto equilibrio tra la cura per i genitori anziani e la propria nuova famiglia? E infine suoceri, zii e relativo esercito di parenti devono stare fuori dalle mura di casa nostra? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi.
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