Ciao, Pannella

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Un mese fa, il 19 maggio, moriva Marco Pannella. Barbara Alberti lo ricorda ora, raccontandoci l' ultimo saluto in Piazza Navona

Sabato di maggio in piazza Navona, due del pomeriggio, non c’era un filo d’ombra sulla folla, stordita e paziente sotto lo schioppo del sole. Il feretro di Marco Pannella era sul palco, quella bara da gigante – grande anche nel corpo, con due manone, e due piedoni; mi inteneriva quel suo essere smisurato in tutto, e insieme agile, armonioso, e cordiale sempre, mai lo ricordo che non venisse avanti con un grande sorriso che era già accoglienza.

Per noi ragazzi di 50 anni fa la sua apparizione sulla scena politica fu prossima al miracolo. Solo lui  si spiegava chiaramente, perché non aveva niente da nascondere – allora andava lo stile democristiano,  incomprensibile perché disonesto. La scuola ci educava all’obbedienza, Pannella ci invitava a disobbedire secondo coscienza – a cercare la nostra verità e a sostenerla con coraggio – a vivere la nostra sessualità come tutto il resto: come espressione del libero arbitrio.

Pannella e i Radicali sono stati la sola grande scuola di morale degli ultimi 50 anni. Dove tutti si ingozzano, loro digiunano, dove tutti uccidono loro rischiano la pelle, dove tutti tacciono loro parlano, dove tutti rubano loro spendono ogni risorsa.

Marco Pannella, il rivoluzionario, aveva la qualità senza la quale non c’è rivoluzione, ovvero trasfigurazione – il senso dell’umorismo. Era poeta Pannella, era fanciullo. Giocava sempre. Anche quando rischiava la vita, digiunando da cibo e acqua e fumandoci sopra migliaia di sigarette. Astenersi dal cibo, si può fare. Ma avete mai provato a stare tre giorni senza bere? E lui sorrideva. Si incazzava e poi sorrideva di nuovo.

A piazza Navona, il giorno dell’addio, i presenti erano invitati a prendere il microfono e parlare di lui, ma io riuscivo solo a piangere, e non mi sono sentita di dire niente, gli ho fatto omaggio del mio silenzio, che poi non era il tipo di cose che a lui piacevano, a lui piaceva che si testimoniasse, quel santo illuminista ha lottato per 70 anni perché tutti si esprimessero.

Della sua grandezza di uomo politico si è scritto tanto e tanto ancora si scriverà credo nei secoli – io gli volevo bene perché lui ci voleva bene. Quello che mi manca è ciò che muore con lui, la sua voce, il suo passo, il suo sorriso, la sua infinita gentilezza umana – ed ecco una giovane amica, Stefania Perego, mi ha mandato una foto di Pannella,  che mi restituisce la ragione più profonda e personale per cui non mi consolo che se ne sia andato, come in Via col Vento quando muore Melania e Ashley dice “Ogni mio bene se ne va con lei”.

La foto (che vedete qui sotto nel post) è di poche settimane prima della morte, scattata da Stefania nell’intervallo di una trasmissione televisiva: Pannella gioca con Kiri, la cagnetta di Stefania, una piccola trovatella sarda – lui con quel codino da gattara impunita, e il cucciolo fra le grandi mani. Grazie Stefania, per spiegare ai nipoti chi era Pannella partirò da questa foto, dalla sua amabilità giocosa .  “Io sono l’amore” , canta Andrea Chènier, questo era Pannella.

foto pannella

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