Quando ero piccola la mamma o la nonna ci mandavano a scuola con la merenda. Pane a marmellata, una fetta di torta, e per l’orario continuato, un panino col prosciutto, una banana, una mela, a volte la frittata, e io coi miei fratelli presiedevamo alla preparazione dando istruzioni, golosi delle nostre predilezioni. Era molto divertente poi vedere gli uni con gli altri compagni vederli scartare le loro e mostrare le nostre, ed era molto in voga lo scambio di merende. Che costituiva anche un’ infallibile tattica di rimorchio.
I nostri amori più importanti, all’asilo o alle elementari, nacquero tutti attraverso lo scambio del cibo.
Un gesto rituale che compivamo liberamente, senza che le maestre si impicciassero, o le psicologhe ti spiassero.
E chi lo sapeva cos’era una psicologa, allora?
Erano altri tempi. Prima dell’ossessione delle diete. Il cibo era sempre una benedizione.
Pochi anni prima c’era stata la guerra, nel paese si vedevano ancora i segni delle macerie delle bombe americane (fin da allora molto intelligenti) e il ricordo dei piatti vuoti. Invece delle fiabe ci raccontavano le malefatte dei nazisti, ma soprattutto la fame che avevano patito i nostri genitori quando non eravamo ancora nati o troppo piccoli per ricordare- e avere qualcosa in tavola, poter mandare a scuola i bambini con un panino era una grazia.
Non si parlava notte e dì delle intolleranze alimentari, e delle merendine non si occupava ancora la magistratura.
Ma è possibile che per avere il permesso di dare ai figli il cibo preparato da noi si debba andare in Tribunale?
Ma già- c’è un affare gigantesco sulle mense scolastiche, come si usa dire c’è tanta gente che “ci mangia”, e per mangiare meglio fanno mangiare sempre peggio i bambini.
Cibi avariati, materie di seconda scelta, yogurt scaduti, uno spaventoso scandalo….e un genitore non ha il diritto di dire basta? Di mettere nello zainetto del bambino ciò di cui si fida?
Perché dovremmo accettare questo sopruso? Rovinare la salute degli scolari perché il business (altrui) conta più delle nostre vite?
No, ci vuole la sentenza. Deve decidere il giudice come devo nutrire mio figlio? Lo devono decidere le lobbies dell’alimentazione scolastica? Ma perché siamo così passivi? Perché i genitori non occupano le scuole?
Immagino una primavera dei genitori che manifestino come studenti, gridando la gravità di questo fatto. Ma va’, manifestare per la mensa? E perché se no? Da lì comincia la perdita della libertà, e della salute. L’uomo è ciò che mangia.
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