Ogni volta che propongo di cenare insieme a uno dei miei due figli, in qualunque periodo dell’anno la risposta è sempre la stessa: «Non posso perché questa sera ho il compleanno di un amico». Il che è ovviamente una bugia, visto che nessuno (tanto meno lui) vanta conoscenze con date di nascita perfettamente distribuite nell’arco dei 365 giorni. Se a questo aggiungete che riesce a negarsi anche nei rari 29 febbraio, capirete subito che il tenero cucciolone è un Pinocchio in carne e ossa, pronto per una visita a Le Piastre.
La minuscola frazione di Pistoia di cui si parla nell’articolo Benvenuti nel paese dei bugiardi (su Confidenze in edicola adesso), infatti, è sede di un’accademia, un campionato nazionale (giunto alla 45° edizione) e addirittura di un museo dedicati alle panzane.
In realtà, il mio (comunque adorato) bimbotto e gli abitanti di Le Piastre sono lontani anni luce. Perché se il primo caccia frottole per esimersi dagli impegni famigliari, gli altri lo fanno in maniera meno scientifica, limitandosi a riempire con la fantasia i vuoti di memoria sulle vicende del passato. Oppure, per colorire aneddoti altrimenti poco interessanti.
Questi sono i rari casi in cui io sopporto le panzane. Intanto, la realtà romanzata è sempre più bella da ascoltare. E poi, quando riguarda personaggi che appartengono al passato remoto non crea nessun danno. A chi importa, in fondo, se un boscaiolo, un contadino o un carbonaio (cito gli antichi abitanti di Le Piastre) era davvero dedito agli amori clandestini, padre di figli illegittimi, possidente di tesori nascosti o considerato pazzo?
Detto ciò, in genere le bugie sono un disastro assoluto che, in ordine di entità, infastidiscono, fanno incazzare, feriscono, rompono i rapporti e rovinano le reputazioni.
Alle prime dell’elenco appartengono le scuse palesemente fasulle del tipo «Perdonami, non ti avevo visto», pronunciate da chi non aveva la minima intenzione di salutarti finché non ti sei parato di fronte per non lasciargli la bieca soddisfazione.
Seguono quelle che, incuranti degli ospiti affannati nei preparativi, inventano malori improvvisi per evitare cene alle quali si è aderito con entusiasmo, ma annullate senza pietà se due gocce di pioggia tolgono all’ultimo momento la voglia di uscire di casa.
Poi, ci sono le bugie che feriscono. Per esempio, una voce fantasiosa (o riservata) sul tuo conto messa in giro da chi credevi fidato e che, interpellato, giura incrociando le dita sulla bocca (e arrossendo colpevole) di non c’entrare nulla.
Esistono, quindi, quelle capaci di distruggere sodalizi apparentemente indistruttibili. Spesso si tratta di frottole abbastanza subdole che se non colte passerebbero in sordina. Ma che captate da un orecchio attento, oppure casualmente, non lasciano alcuna speranza di riappacificazione. Frequentissime nelle coppie, possono coinvolgere anche amicizie di una vita.
Concludono la triste lista le balle legate a campi molto delicati come i soldi o l’ambito professionale. In questi casi, basta purtroppo innescare la miccia per assistere a deflagrazioni in grado di polverizzare reputazione e futuro del soggetto in questione.
Pur senza raggiungere questi livelli, i comportamenti da Pinocchio non mi piacciono. Mai. L’unico a cui li concedo è mio figlio, sapendo a cosa andrebbe incontro se non tirasse fuori i suoi strategici compleanni: una cena-interrogatorio, con domande esclusivamente sulla sua vita sentimentale. Posso dire? Se fossi in lui, inventerei anch’io io una torta con candeline che mi aspetta. Magari il 30 febbraio o, già che ci siamo, il 32 marzo.
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