Convivenza o matrimonio?

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Nell'era delle unioni civili legalizzate ha ancora valore il matrimonio? Ne parliamo su Confidenze nella storia vera La felicità altrove

Ci si sposa sempre meno e le coppie che decidono di vivere insieme preferiscono la convivenza, tutelata anche sotto l’aspetto normativo dalla legge sulle unioni civili approvata il maggio scorso (la famosa legge Cirinnà del 20 maggio 2016 che regolamenta le unioni gay ma anche quelle etero). Proprio pochi giorni fa sono stati resi noti i primi dati sulle unioni civili registrate nei primi otto mesi del 2017, sono 2.803, pari al 2,2 % dei matrimoni avvenuti nello stesso arco tempo. Ma sono dati che riguardano le coppie gay perché le convivenze tra eterosessuali veleggiano ormai su cifre che superano il  milione all’anno.

Le unioni di fatto sono più che raddoppiate dal 2008, superando il milione nel 2013-2014. Eppure anche se i matrimoni calano al ritmo di 10.000 all’anno, l’argomento convivenza-matrimonio non cessa di far dibattere. Come se la convivenza fosse un impegno più leggero, un periodo di prova a tempo determinato, destinato a sfociare poi nel matrimonio. E d’altronde la radice della parola matrimonio è mater, madre, e questo qualcosa significherà. Non a caso molte coppie quando si accingono a far il grande passo hanno una cicogna in arrivo o progetti familiari in corso.

Sono cresciuta in una famiglia dove mia mamma sentenziava che «la convivenza equivale a due che passano per strada e decidono di mettersi insieme per un po’» lasciando intendere che noi figlie ci guardassimo bene dal prendere quella strada.

Conosco amici però che hanno convissuto per anni, hanno avuto figli, e quando nessuno ormai più se lo aspettava hanno deciso di sposarsi. Perché? Cosa li ha spinti a fare questo passo? I figli che a scuola vedevano i compagni con mamma e papà sposati? (da quel che ho visto finora nella scuole ci sono più coppie separate di quelle regolarmente sposate).  O forse il tempo che passa e ci fa capire che non siamo eterni e che un matrimonio è comunque un riconoscimento sociale in più della convivenza?

Nella storia vera “La felicità altrove” che trovate su questo numero di Confidenze, Giovanna Fumagalli ci racconta di Gloria una ragazza che si sente proporre dal fidanzato di andare a vivere insieme perché il «matrimonio costa troppo e sono soldi buttati via». Ma quando le cose vanno male e lui le dice «meno male che non ci siamo sposati, altrimenti adesso sai che casino», lei si chiede: dunque era questo il problema, quando non sei sicuro di amare scegli la convivenza?

Vi lascio con questo interrogativo e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

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