A parte quello che si prepara in casa con la moka, non amo il caffè. Però ogni pomeriggio dal lunedì al venerdì ne bevo uno con le colleghe al bar della Mondadori, dove ormai conoscono i miei gusti. E sebbene l’adorabile Enzo me lo serva già annacquato da un cubetto di ghiaccio per attenuare il sapore (per me) troppo forte, lo inghiottisco tutto in un sorso, neanche si trattasse di olio di ricino.
Se non mi piace, vi chiederete perché diavolo continui a ingurgitare giorno dopo giorno la bevanda do Brazil. Il motivo è rigorosamente social: la mia avversione alla tazzulella è inversamente proporzionale alla passione per la pausa caffè (su Confidenze di questa settimana trovate gli accessori ad hoc per godervela ai massimi). Al lavoro, infatti, quella manciata di minuti permette di staccare gli occhi dal computer, la mente da titoli e sommari, il fisico dalla sedia. Ma, soprattutto, crea l’occasione per scambaire quattro chiacchiere, otto pettegolezzi e farsi sedici risate (ahahahah fanno sempre bene allo spirito!).
Certo, il magico momento potrei “innaffiarlo” con un tè o una Coca Zero, il mio nettare. Ma il primo scotta talmente che per finirlo ci vuole una vita. Mentre la seconda è così gasata che mandarla giù in pochi secondi è impossibile senza imbarazzanti effetti collaterali.
Viva la pausa caffè, allora. Anche quando non mi vede in vesti professionali. In montagna, per esempio, aderisco con entusiasmo alla canonica proposta di una brevissima sosta al bar. Ma mentre gli amici sorseggiano al bancone, io ne approfitto per scaldare le mani, disappannare gli occhiali e guardare il telefonino senza il rischio che mi cada giù dalla seggiovia. Il tutto senza rubare tempo a discese ardite e risalite: dettaglio fondamentale per il nostro gruppetto un po’ fanatico.
Ultimo (ma non meno importante, anzi) punto di forza è la sua capacità di dare la marcia in più a un incontro casuale. Se per strada incappi in una persona che non vedi da tempo, è un peccato salutarla in fretta e furia, lasciandola subito. Ma è anche difficile che si abbia entrambi abbastanza tempo per sedersi a un tavolino a raccontarsela su. «Dai, facciamoci un caffè» allora, diventa la frase strategica per dare il là a una routine tanto piacevole quanto poco impegnativa: ingresso nel bar. Ordinazione al banco. Corsa alla cassa con il solito «Pago io»-«No, no, faccio io». Ritorno al banco. Sorseggio accompagnato da aggiornamenti (di solito sulle vicende sentimentali).
Non so voi, mai io trovo tutto questo più eccitante della bevanda eccitante per eccellenza.
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