Oggi 19 marzo è la festa del papà e sul numero di Confidenze trovate tre storie vere che trattano tre diversi aspetti della paternità.
In una (“Padri e patrigni” di Eleonora Gurrieri) un uomo è alle prese con il ruolo scomodo di patrigno: dopo aver cresciuto i suoi figli, si ritrova a fare da papà al figlio della sua nuova compagna, che lo considera inevitabilmente di serie B rispetto al papà naturale, peraltro assente nella vita del ragazzino. Nelle altre due storie (“Il Segreto” di Antonio Bozzo e” La rivelazione” di Annalucia Lomunno) due donne scoprono in età adulta aspetti sconosciuti della personalità paterna.
Ma com’è cambiato nel tempo il rapporto padri e figli? Le nuove generazioni sono più presenti nella vita quotidiana dei loro ragazzi? Stando a una ricerca condotta dal network globale di comunicazione Initiative, su 5.250 papà tra i 25 e i 34 anni di tutte le parti del mondo, emerge che i giovani padri sono più coinvolti quotidianamente nell’assistenza ai figli e che diventare genitori ha avuto un impatto positivo sulla maggior parte di loro, facendoli sentire più responsabili, sicuri di sé e ottimisti. Vogliono essere padri perfetti, presenti nelle decisioni di tutti i giorni e non accettano di essere chiamati “babysitter” quando si occupano dei loro figli. E infatti il 67% crede che il ruolo di padre e madre siano equivalenti. Dal 1965 inoltre risulta che i papà hanno quasi triplicato il loro tempo speso con i bambini.
Non so quanti di voi si ritroveranno in queste analisi. Io vengo da una generazione che era abituata a sentirsi dire: «stasera quando torna a casa tuo padre, vedi…» ogni volta che si disubbidiva o si combinava qualche guaio. I padri erano poco presenti nella vita quotidiana e il compito di crescere i bambini era affidato esclusivamente alla madri, se non per qualche ramanzina, detta appunto “paternale”. Anche se io il mio, di papà, lo ricordo mentre giocava a scacchi con me, da bambina, e mentre mi aiutava nei problemi di matematica.
D’altronde un detto un po’ cinico recita che “mater semper certa est” e oltre a mettere in evidenza un dato meramente biologico ci sta a indicare anche la certezza della presenza della figura materna, l’idea che i figli crescano con la mamma accanto in casa ad accudirli.
Oggi sono tante le donne che hanno un impiego fuori casa e alcuni ruoli sono stati suddivisi per ragioni di tempo. Capita quasi ogni giorno di vedere papà accompagnare i bambini a scuola o all’asilo, mentre quando ero bambina io erano una rarità. Ma soprattutto si sono annullate le distanze e a volte i padri si pongono più come compagni di gioco che come autorità genitoriale. Non so cosa sia meglio, mi piacerebbe leggere la vostra opinione e magari anche un ricordo del vostro papà: Giocavate con lui? È stato presente quando eravate bambine? Raccontatecelo.
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