Il micio galeotto

Cuore
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“Storia simpaticissima, scritta con eleganza e semplicità” scrive Giovanna sulla pagina Facebook per votare la sua storia preferita del n. 1. Ed eccola sul blog, è una delle più apprezzate della settimana

 

Mi ero appena lasciata con Valerio, quando Astore, il mio adorato felino, sparì a seguito dello scoppio della caldaia. Mi rifiutai di prendere un altro quattrozampe e feci bene. Perché ricevetti la più dolce delle sorprese

STORIA VERA DI FABRIZIA T. RACCOLTA DA ORSOLINA GUERRI

 

Il terribile boato che, violando crudelmente la quiete notturna, aveva squarciato la palazzina popolare dove vivevo con i miei familiari, aveva mandato in pezzi troppe vite. Anche se non c’era stata nessuna vittima, di fatto 20 famiglie si erano ritrovate senza casa all’improvviso. Probabilmente la caldaia storica, ormai esausta, ci aveva giocato un gran brutto scherzo.

Papà, mamma, mio fratello Anselmo e io non avevamo sempre abitato lì. Un tempo vivevamo sereni in una graziosa casetta singola, nel cuore di un bel quartiere residenziale. I nostri genitori lavoravano con successo, pagavano regolarmente le rate del mutuo e ci garantivano un’esistenza dignitosa, divertente e agiata. Poi entrambi avevano perso le rispettive occupazioni, spazzate via dalla crisi economica e dal mobbing imperante, e ci eravamo ritrovati ad intristire in quel grande caseggiato un po’ sbilenco dove avevamo comunque stretto amicizia con tante brave persone di varie etnie.

La nuova catastrofe, materiale ed emotiva, ci rimandò alla deriva: in un alloggio di periferia garantito a denti stretti dagli enti preposti. Troppi dei nostri oggetti erano andati smarriti per sempre.
Ma soprattutto si era perso Astore, il mio adorato micio rosso, un vero tesoro a pelo lungo tutto da coccolare, che condivideva la nostra quotidianità da qualche annetto. Vaporoso, elegante, signorile, Astore apparteneva alla nostra vita precedente e ci aveva accompagnato fedele in quella più recente, senza scomporsi per alcuna traversia. Ogni sera si addormentava accanto a me, cullandomi e confortandomi con le sue irripetibili fusa. Sapeva impastarmi le spalle con le sue zampette come un vero fisioterapista. Anselmo e io, insieme ai nostri genitori, lo cercammo ovunque, usando ogni canale possibile per diffondere accorati appelli, corredati da numerose fotografie. Niente da fare. Tra le macerie non c’era traccia del suo corpo sinuoso, grazie a Dio. Ma non ci fu verso di rintracciarlo.

Nel condominio vivevano tantissimi animali domestici: tutti vennero ritrovati felicemente, atterriti ma incolumi, tranne il nostro amore.
Mi rifiutai di adottare un nuovo amico a quattro zampe. Piangevo spesso pensando a lui, nel segreto della mia camera. Non volevo un altro micio: volevo il mio!
La vita andava avanti in qualche modo: mamma e papà svolgevano nel migliore dei modi lavori saltuari e anch’io cercavo di raggranellare qualche risorsa, mentre Anselmo proseguiva gli studi.
Il licenziamento dei miei genitori aveva fatto sì che lasciassi la facoltà universitaria a cui ero iscritta. Avevo altresì troncato bruscamente i contatti con gli amici di allora, che appartenevano a una classe sociale benestante di cui ormai non facevo più parte. Avevo evitato qualsiasi spiegazione per non cozzare contro l’ipocrisia, i consigli a vanvera e le frecciatine velenose che spesso si moltiplicano in tali casi. Con grande sofferenza, avevo lasciato anche Valerio, il mio fidanzato. Ci frequentavamo praticamente dalle scuole elementari. La finta commiserazione dei suoi familiari, che non mi avevano mai vista proprio di buon occhio, avrebbe rappresentato un peso insostenibile.
In parrocchia, imperava al fianco di don Aldo, suor Matilde: una religiosa dalle mille risorse. La sua vocazione non era stata del tutto spontanea: era entrata in convento soprattutto per sottrarsi alla povertà cronica di un numeroso nucleo contadino, ansiosa di completare le scuole superiori. In seguito, aveva meditato in diverse occasioni di lasciare l’ordine, ma per qualche ragione era sempre rimasta al suo posto.

Si consolava… combinando matrimoni, ben riusciti in parecchi casi, ogni volta che poteva prodigarsi in tale direzione. Metteva in contatto le ragazze madri o le giovani donne in difficoltà come me, con uomini soli, desiderosi di formare un focolare.

C on le migliori intenzioni del mondo, suor Matilde mi assillava perché frequentassi quanto prima qualche buon partito referenziato, capace di salvarmi dalla condizione di perenne fragilità pratica in cui mi dibattevo. Ma il ricordo di Valerio, alto, atletico, con i capelli biondi e gli occhi azzurri come il cielo, faceva ancora palpitare il mio cuore affranto. Suor Matilde allora si arrese: mi trovò un lavoro presso un’avviata sartoria. Fui contenta: la professione si prospettava interessante, la paga si annunciava certa.

Natale era nell’aria, il lavoro aumentava di giorno in giorno e venni incaricata delle consegne a domicilio.

In un pomeriggio freddo che prometteva neve a volontà, eccomi ad aggirarmi sulla mia fedele quattro ruote scricchiolante tra ridenti costruzioni che trasudavano benessere: case calde, bel illuminate, circondate da meravigliosi giardini scintillanti di luci, già addobbati per le festività imminenti. Non tardai a riconoscere la zona in cui risiedevo in tempi migliori. Ero carica di pacchi da recapitare: mi misi all’opera, sperando che nessuno mi riconoscesse e mi facesse domande imbarazzanti. Fu un sommesso, ma perentorio miagolio a farmi sussultare, mentre mi affaccendavo tra pianerottoli e campanelli. Si trattava di un suono inconfondibile che risuonò come una musica melodiosa alle mie orecchie.

Era Astore, che richiamava la mia attenzione da dietro una siepe! Più rotondo e in forma che mai. Mi precipitai a prenderlo in braccio, mentre ricevevo in cambio un mucchio di amichevoli testate spavalde, accompagnate da fusa fragorose e trionfanti. Come aveva fatto ad arrivare così lontano? Spaventato dallo scoppio della caldaia, si era evidentemente diretto verso i luoghi oggetto delle sue scorribande passate, guidato da un istinto ancestrale infallibile. Gettai un’occhiata alla targhetta che troneggiava sul villino dove evidentemente soggiornava adesso il mio tesoruccio.

Era la casa della nonna di Valerio, Mirka! L’unica simpatica del vasto clan.
L’arzilla, energica antenata non tardò a comparire: mi abbracciò, felice di rivedermi. Era sempre la signora solare, rassicurante e accogliente che ricordavo. Mi confessò che Valerio aveva subito riconosciuto Astore, ma non era riuscito a contattarmi, perché avevo bloccato ogni contatto del passato anche sui social. Una decisione che lo aveva oltremodo ferito. Così, il micione, super coccolato, era rimasto con lei. Appariva evidente che si adoravano.

Mirka sarebbe stata disposta a restituirmi Astore: ma il suo rincrescimento era evidente. Anche il gatto sembrava sinceramente a disagio all’idea di abbandonarla, sola in quel grande stabile. Prendemmo accordi: potevo tornare a trovare il mio ex micio quando volevo. Astore avrebbe avuto due famiglie amorevoli.

Fu così che, sotto un albero di Natale sfavillante di decorazioni e carico di regali, trovai ad attendermi il dono più grande: Valerio, proprio come avevo sperato nei miei sogni più arditi. La nostra riconciliazione fu dolcissima.

Credo che Mirka e Astore lo avessero programmato con cura. Ci guardavano maliziosi, estasiati, soddisfatti, occhieggiando sornioni dietro al panettone. Attualmente,Valerio e io siamo marito e moglie e io sto per laurearmi brillantemente. Astore vive ancora felice con la nonna, dove andiamo molto spesso a trovarlo.

Suor Matilde ha sposato finalmente… uno dei buoni partiti che voleva presentare a me. Papà e mamma hanno ricominciato da capo presso una ditta seria, scovata da don Aldo. ●

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