Natale, la festa della famiglia, e la disperazione dell’amante. In barba al divorzio, alla rivoluzione sessuale, alle pretese di libertà dei costumi, resiste indistruttibile il vecchio rapporto ottocentesco: la ragazza innamorata e l’uomo sposato, che la illude, le mente sul rapporto con la moglie (ormai siamo come fratello e sorella…), ma non è vero, e non lascerà mai la sposa legittima.
C’era una volta la Piccola Fiammiferaia. Era Natale, e lei stava fuori nel gelo, con la sua scatola di fiammiferi che nessuno le comprava. Ne accese tre. Coi primi due si immaginò davanti a una tavola imbandita e festosa, apparecchiata anche per lei, al caldo. Col terzo le apparve il Paradiso, e lassù volò, cioè, morì di freddo. Ma chi sarà in questo Natale la Piccola Fiammiferaia?
Io, l’amante. L’amante di te, uomo sposato. Sarò io, come la bambina dei fiammiferi, chiusa fuori dalla casa in festa. Maledetto Natale, non potrò nemmeno telefonarti. Mi risponderesti con quella voce da marito, facendo finta che sono qualcun altro. Sola nel freddo della via, guardando le tue finestre, accenderò il primo fiammifero. E mi apparirà la vostra sala illuminata, i tuoi modi da colpevole, col gatto sulle ginocchia, e la paura che tua moglie scopra di noi due. Accendo il secondo fiammifero e vedo che un invitato, scherzando, fa il mio nome, non sospettando della nostra relazione- e tu lasci che si parli di me come di una scema un po’ troia. Accendo il terzo fiammifero, e vedo il nostro primo incontro. L’amore ci colpì alle spalle/ come l’assassino che sbuca fuori da un vicolo. E vedo te, e tua moglie, come statue desolate, e vedo che piangi. Ti sei reso volentieri prigioniero dei parenti, della parte più prudente di te, col gatto sulle ginocchia. Lucine rosse dell’albero, soavi messaggere di falsità. Ma digerirai bene, nessuno alzerà la voce. Mi par di vederti, sulla poltrona buona, intenerito dallo champagne, forse mi pensi per un istante…sì, ma dove saremmo ora? In qualche albergo, da soli? Vuoi mettere con quell’odorino di arrosto?
I fiammiferi sono finiti, ma non finirà mai la mia pazienza di nutrirmi di avanzi. Ti amo, mio disgustoso, mio uomo sposato. Mio indigeribile, mio indeciso, mio vile, mio bugiardo, mio indispensabile uomo sposato.
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