“Il nonno ritrovato” di Mariella Loi, pubblicata sul n. 18 di Confidenze, è una delle storie più apprezzate della settimana
Storia vera di Guido A. raccolta da Mariella Loi
Non sono mai stato un marito presente e ancor meno un padre affettuoso. Per questo mi stupì oltremodo la richiesta di mia figlia Laura, l’estate di due anni fa, di tenere con me mio nipote Matteo per un periodo lungo.
Da quando sono rimasto vedovo, dieci anni fa, la mia vita si è incanalata nei binari di solide consuetudini che mi fanno stare bene. Per questo, la sola idea di vedere scombinate le mie giornate dalla presenza in casa di un bambino, mi parve da subito insopportabile.
Mi presi del tempo per decidere e mentre ero ancora lì che cercavo una scusa a cui aggrapparmi, la seconda telefonata di Laura in pochi giorni mi chiarì che non ci sarebbe stato modo di sottrarmi a quella condanna. Per giustificare la sua richiesta, Laura mi disse che lei e Aldo, suo marito, erano in crisi: stavano cercando di superarla ma la tensione era alta e non volevano che il bambino potesse risentirne.
Acconsentii a malincuore a prendere con me Matteo e già vedevo sfumare le mie vacanze in Alta Val Badia.
Per un attimo pensai che avrei potuto cambiare programma e portare il bambino al mare in Liguria, ma la prospettiva di mostrarmi, nella veste poco fascinosa di nonno, alle signore che avevo corteggiato fino all’anno prima, non mi piaceva affatto.
Mentre ancora mi interrogavo su come avrei potuto passare il tempo con mio nipote, realizzai che la casa in campagna era libera e almeno per un periodo saremmo potuti andare là. Alla larga da occhi indiscreti, fare il nonno mi sarebbe pesato di meno e gli ampi spazi della campagna mi sembrarono il posto giusto, dove portare a scorrazzare un bambino, abituato a stare in città. Matteo, con il suo carico di valigie e giochi al seguito, mi fu consegnato il 20 di Luglio: con Laura eravamo d’accordo che sarebbe rimasto con me fino alla fine di Agosto.
Io nel frattempo mi ero organizzato: per i primi dieci giorni lo avrei portato ai corsi estivi dell’oratorio e poi quando questi si fossero conclusi, saremmo partiti insieme per la villeggiatura.
Matteo, dopo un paio di giorni di smarrimento, si ambientò velocemente e fece amicizia con i bambini del centro estivo. La sera tornava a casa entusiasta, durante la cena mi stordiva di chiacchiere e aneddoti sui suoi nuovi amichetti e solo quando era ora di andare a dormire, la pace ritornava sovrana in casa mia.
Io nel frattempo avevo dovuto cambiare le mie abitudini, niente più uscite serali al cinema o al circolo con gli amici e anche le gite domenicali in montagna erano sfumate. L’unica cosa che avevo continuato a fare regolarmente era la ginnastica due volte a settimana.
La mattina del 1 Agosto, con la macchina carica di provviste, io e Matteo partivamo alla volta di Oggiono ed ero preparato a tutto, tranne al paesaggio desolante che mi accolse, quando varcai il cancello di casa. Non mettevo piede al casale da due anni e da quando era morta mia moglie non me ne ero mai preso cura, ma avevo sempre avuto chi lo faceva per me, un contadino della zona che si occupava dell’orto. Invece ora il paesaggio sembrava abbandonato e le erbacce erano cresciute a dismisura. La casa, chiusa da tempo, non se la passava meglio. Cercai di non mostrare il mio disappunto a Matteo e feci un bel sorriso dicendo che quella sarebbe stata la nostra prima avventura insieme.
Lui reagì con fare divertito. Un paio d’ore dopo, armato di falce e tagliaerba ero al lavoro: per ripulire tutto mi ci vollero due giorni, ma dopo quella gran fatica, ero decisamente soddisfatto del risultato.
In tutto questo, Matteo si divertì molto a farmi da aiutante e a lavoro concluso, mi sembrò che fosse orgoglioso di me, perché a differenza dell’altro nonno, disse, non stavo tutto il tempo in poltrona a leggere. Il paragone mi lusingò oltremodo, in quanto il padre di mio genero, che abitava a Napoli, era uno studioso piuttosto conosciuto. Così, sapere di essere in vantaggio sul nonno più famoso, mi riempiva di orgoglio.
Dopo una settimana in campagna, con mio nipote si era creato un bel feeling che mai avrei potuto immaginare prima, dato che io con i bambini non ci ho mai saputo fare.
Matteo mi veniva dietro tutto il tempo, mentre sistemavo l’orto, curioso di apprendere i miei insegnamenti sulla coltivazione delle piante. Così, senza che me ne rendessi conto, avevo iniziato a fare con lui quello che aveva fatto mio nonno con me molti anni prima, quando mi aveva edotto alle conoscenze che oggi ero io a trasmettere a mio nipote.
Fino a quel momento non ero stato consapevole di quanto mi avessero insegnato durante l’infanzia nonno Giovanni e nonna Lina: solo ora che quelle conoscenze mi tornavano utili, capivo fino in fondo l’importanza, di trasmettere il proprio sapere, alle nuove generazioni. Così insegnare a Matteo, dava modo anche a me di ricordare la mia infanzia in campagna, e poco alla volta tornavano alla memoria il nome di piante selvatiche, fiori e piccoli animaletti, che non avevo più pronunciato da allora. Quando ormai con l’orto avevamo finito, decisi che era arrivato il momento di introdurre Matteo alla pesca. Non glielo dissi subito, per non rovinargli la sorpresa; mi procurai lenza e ami, preparai le esche e la mattina dopo prestissimo eravamo giù al torrente. La pesca è uno sport che richiede pazienza e su questo tema, per spiegarlo al meglio, mi ero preparato un aneddoto. Ero a metà del mio discorsetto, quando mio nipote mi interruppe, dicendomi che era molto contento di avere un nonno divertente e simpatico. Mi definì proprio così “divertente e simpatico”. Un po’ spiazzato dalla sua affermazione, lo incalzai e lui aggiunse solo che tutti i suoi amici avrebbero voluto un nonno come me. Sono un uomo piuttosto freddo di carattere, ma quella mattina, sul greto del fiume, di fronte a uno specchio d’acqua limpida, faticai a trattenere la commozione. Io, che ho pianto poche volte nella mia vita, mi trovavo a ricacciare indietro due lacrimoni insistenti, portati a galla dall’ingenuo entusiasmo di quel soldo di cacio di bambino. E mentre cercavo di nascondere il mio turbamento, e non sapevo se essere più contento o arrabbiato, sentii la lenza tirare, segno che un pesce aveva abboccato. Era una trota, neanche troppo grande, ma per Matteo fu ugualmente un evento. Alla fine della giornata le trote pescate furono quattro, tornammo a casa più uniti che mai e per festeggiare le cucinammo per cena.
Ultimi commenti