Il silenzio degli adolescenti

Cuore
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Da piccoli non stanno zitti un attimo. Poi, da adolescenti, i figli non parlano neanche sotto tortura. Preoccuparsi? E' inutile: fa parte della crescita

Se c’è una che comunica con tutti, muri compresi, sono io. E se mi vanto di riuscire a estirpare parole anche dalla bocca delle persone più discrete, timide o comunque refrattarie ad aprirsi, ammetto che quando avevo i figli adolescenti crollavo miseramente di fronte alla loro granitica volontà di non raccontare nulla che li riguardasse.

Ve ne parlo perché sul numero di Confidenze in edicola adesso c’è un articolo, Dietro il silenzio, che mi ha riportato agli anni in cui i dialoghi in casa nostra erano del tipo: «Cosa hai fatto a scuola?». «Il solito». «Hai tanti compiti?». «Normali». «Chi hai visto oggi?». «Gli amici».

Più che silenziosi, i miei figli erano laconici: abbastanza educati da non lasciarmi mai senza una risposta, ma decisi a non far trapelare nessun dettaglio sulle ore trascorse lontani da me.

Tanta vaghezza, ovviamente, mi mandava in uno sbattone allucinante. Già sbalordita perché di colpo si erano trasformati in sconosciuti, misteriosi, pelosi e brufolosi ragazzini desiderosi di emanciparsi dai genitori (l’adolescenza è una bomba che scoppia all’improvviso), a ogni reticenza mi appanicavo sempre di più. Entravo in fase mamma asfissiante. E li mitragliavo con raffiche di domande. Legittime, secondo me. Inutili e snervanti per loro.

Non solo: proprio come è scritto nell’articolo, interpretavo la mancanza di comunicazione come la spia di un problema che, seppur ignoto (visto che non ne facevano parola), arrovellava anche me. Morale, passavo notti insonni cercando la strategia per far sputare un rospo che, sapevo già, i due non avrebbero mollato.

Per salvaguardare un minimo decoro domestico (in casa la tensione lievitava come una torta nel forno), a un certo punto ho iniziato a ricordare com’ero io alla loro età. Mi è venuto in mente quanto non sopportassi l’insistenza invasiva di mia mamma. Quindi ho smesso con gli interrogatori tipo Stasi per lasciare ai ragazzi la possibilità di aprirsi spontaneamente. Semplice, no?

No!!!!! Perché al di là di come di decidi di gestirla, la vita con i teenager è comunque un incubo. Tant’è che se fai domande, loro si scocciano. Ma se non ne fai, si sentono trascurati.

E vogliamo parlare della diversa percezione di qualunque cosa? Il brutto voto che tu vivi come la fine di una carriera scolastica, per loro è una rottura da rimediare la settimana successiva. Lo spinello che ti fa pensare al futuro nelle cliniche disintossicanti, è una leggera trasgressione in linea con l’età. Preferire sempre gli amici ai genitori secondo te è un chiaro il rifiuto della famiglia, mentre per i ragazzi è innocente voglia di divertirsi.

Insomma, da un lato ci sono mamma e papà che drammatizzano puntuali. Dall’altro, i figli (ben più saggi) che se la spassano. L’unico caso in cui i ruoli si invertono? Nelle faccende di cuore. Perché per i teenager la fine del primo flirt è la tragedia più cosmica del mondo. E quando si disperano nel ricordo dell’amore perduto (magari di quelli nati col biglietto «Vuoi metterti con me?»), i genitori ridacchiano. Apparentemente un po’ stronzetti. In realtà, inteneriti a mille.

Confidenze