Storia vera di Serena raccolta da Bruna Alasia
Il fatto di cui sono stata spettatrice potrebbe sembrare poca cosa ma, dopo aver letto la vita di Honoré de Balzac, ho pensato di raccontarlo perché indicativo di un certo tipo d’uomo e di mentalità che, ai tempi della crisi, si è ampliata. Cosa c’entra il grande scrittore? Balzac, piuttosto brutto, conquistava le donne con la penna. Sognava di sposare un’aristocratica milionaria perché era pieno di debiti. Un giorno ebbe uno scambio epistolare con una principessa ucraina che non aveva mai visto, ma i suoi sentimenti galopparono, esattamente come a volte accade oggi a chi si conosce in rete. Quando s’incontrarono, sebbene lei avesse un marito, lui le fece una corte instancabile. Dopo dieci anni la nobildonna rimase vedova. Balzac sperava di poter finalmente liberarsi dei creditori ma la sposò solo poco prima di morire, giusto per scoprire come non fosse l’affare sperato. Lo scrittore non era proprio un freddo cacciatore di dote e a modo suo amava la principessa, tuttavia questa storia mi riportò alla mente Luciano, che avevo conosciuto virtualmente al tempo in cui cercavo un partner con l’aiuto del web. Nel sito per cuori solitari Luciano aveva messo la sua foto, bell’uomo sui 40, capelli semi lunghi, a cavallo di una moto da sogno. Gli mandai un messaggio al quale rispose. Dopo aver preso confidenza in chat, ci scambiammo i cellulari e finalmente sentimmo le nostre voci. Ci raccontammo di noi: io single, medico tirocinante in un ospedale all’avanguardia, costretta ad acrobazie per far quadrare i conti. Lui divorziato, gallerista, aveva girato il mondo per scovare opere d’arte. A seguito di lunghe conversazioni, stabilimmo di vederci sotto l’obelisco di una piazza. La mattina dell’appuntamento ero con il primario in corsia quando il display del cellulare, silenziato, s’illuminò del numero di Luciano. Riuscii solo a spedirgli il messaggio “ti chiamo dopo”, cui rispose “un contrattempo m’impedisce di venire. Ci risentiremo”. “Ok”, conclusi delusa, stabilendo in cuor mio di non richiamarlo. Lui non diede segno di vita e io lo dimenticai. Nei mesi seguenti mi chiese l’amicizia su Facebook, cliccò “mi piace” sotto le mie foto e un giorno si fece improvvisamente risentire per domandarmi un secondo appuntamento. Anche questa volta, non ricordo bene con quale scusa, l’impegno saltò e a quel punto dubitai che avesse qualche rotella fuori posto. Incredibilmente, passati sei mesi, mi ritelefonò per fissare l’incontro per la terza volta: acconsentii pensando “voglio vedere questo stupido dove vuole arrivare”. Quando, come sospettavo, il rendez-vous non si realizzò, mi dissi che la rete era un ricettacolo di nevrotici. Un giorno mi accorsi che Luciano aveva annunciato su Facebook il suo fidanzamento: dalle foto lei sembrava una “bruttina stagionata”, mi chiesi se l’avesse scovata nel web. Passarono così cinque anni. Nel momento in cui meno ci pensavo, mi ritrovai nella posta privata del social network questo suo messaggio: “Sono Luciano, ricordi? Non immaginavo tu frequentassi mia figlia Clara: mi sono accorto dai vostri scambi su FB che siete colleghe. Mi sono appena sposato, farò il viaggio di nozze a San Pietroburgo. Al ritorno, se ti va, t’invito con mia figlia nel ristorante del grande albergo che dirigo”. Ero stupita. Clara? Certo. La tirocinante che da qualche mese frequentava il mio stesso ospedale, una ragazza appena laureata e alquanto spaesata, così com’ero stata io all’inizio. Il giorno dopo la avvicinai e le chiesi di suo padre, con la scusa di voler fare gli auguri per il suo matrimonio. Lei assentì e sorrise poi, quasi a giustificarlo, aggiunse: «La nuova moglie ha una catena alberghiera».
Strabuzzai gli occhi. «E come l’ha incontrata?».
«In rete», disse con sincerità. Sempre più curiosa indagai. Venni a sapere che Luciano era più vecchio di quello che dichiarava: 52 anni lui, la consorte sei di più. In Internet trovai notizie sul suo matrimonio. Da alcuni colleghi mi era stato riferito che il web pullulava di gente alla ricerca di una sistemazione: giovanotti a caccia di tardone, signore senza scrupoli, ma era il caso di cantare “uno su mille ce la fa”. Luciano invece era convolato a nozze con la proprietaria di alcuni hotel a cinque stelle. Come aveva potuto? Sbalordita strinsi i rapporti con Clara: veniva da una famiglia perbene e non vedeva l’ora di ricevere un vero stipendio da medico perché Luciano aveva rischiato la bancarotta. Quel matrimonio lo salvava? Il desiderio di rispondere a questo interrogativo mi fece accettare l’invito a pranzo, insieme alla figlia, nello splendido albergo di cui ora era a capo.
Entrai in uno di quegli hotel che si vedono solo nei film. Nella hall tutta marmi pregiati, con tre porte girevoli, si era accolti da addetti in livrea; fummo condotti in una sala appartata a un tavolo con tovaglie di damasco color avorio e calici di cristallo. Ci furono serviti pesce e sfizi esotici. Luciano comparve a metà pasto: meno bello, meno giovanile di come lo avevo creduto, al punto che mi chiesi se, nel sito, non avesse postato una foto di dieci anni prima. Lui mi spiegò che aveva abbandonato senza rimpianti la sua attività di mercante d’arte. Gli domandai del viaggio di nozze a San Pietroburgo e rispose che, lui e la sua signora, erano andati lì anche a stipulare accordi legati al turismo dell’Est. «Sei stato fortunato» ribattei in tutta sincerità, sebbene, inspiegabilmente, qualcosa non mi tornasse. Inaspettatamente comparve sua moglie e io rimasi di sasso: era la “bruttina stagionata”, più grassa però e sformata, all’apparenza più vecchia dei suoi 58 anni. Paragonandomi a quella matrona mi sentii improvvisamente giovane, con i miei 33 che pure cominciavano a pesare. Quando Luciano si accomiatò da me e Clara, mi accorsi che la sua mano premeva troppo confidenzialmente la mia: «Hai visto che finalmente ci siamo incontrati?». Finsi di non capire, perplessa sul senso di quelle nozze. Quella sera a letto, guardando in tivù un film sentimentale, vagheggiavo il principe azzurro: uno scienziato di complemento al mio lavoro, con il fisico di Brad Pitt. Il cellulare squillò ed era Luciano: «Ti ha fatto piacere conoscermi?». Dissi di sì. «Era destino che ci ritrovassimo», commentò lui. Il mio silenzio lo disarmò, ma alla fine si fece coraggio: «Vediamoci, adesso il tempo lo troverò». La sua proposta mi suonò incredibile: chiaro che, se ci provava appena sposato, quello per la moglie non doveva essere un grande amore ma un affare. Dopo l’utile, cercava il dilettevole. Gli domandai se sapesse cosa diceva Balzac sul matrimonio. «No» si sorprese, «cosa diceva?».
«Che è un combattimento a oltranza» gli spiegai, «dunque risparmiati le energie». E, sorridendo, divertita, chiusi il telefono.
Testo pubblicato su Confidenze 52/2015.
Foto: 123RF
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