“Non perderti d’animo, Elisa! In te nulla è cambiato. Hai subito tanto da parte degli altri, senza mai odiare, senza mai punire, senza dire di no nemmeno una volta. Accetta, oggi, questo momento di debolezza. Lascia che la tua carne estenuata si rimetta in forze. Tra qualche giorno capirai che il tuo amore non ti ha abbandonata, lo ritroverai intatto, possente, immutabile. Aspetta qualche giorno, qualche ora. Forse già stasera, quando vedrai quella figura alta e muscolosa comparire in abito di fustagno nel vano della porta, proverai di nuovo quell’emozione immensa che ti paralizzava, e rimanevi lì aggrappandoti con entrambe le mani ala sbarra di nichel del fornello. E chissà, forse Gilles, raggiante di un amore ritrovato, ti verrà vicino e ti bacerà teneramente in fronte, come il primo giorno. E quand’anche per te, qui, ci fossero soltanto cose morte, puoi sempre sperare di realizzare altrove il tuo bisogno di amore e di vita. Coraggio, Elisa! La vita è dovunque, aspetta, non lasciarti andare, aspetta! La vita sta per rinascere.
Ma Elisa non pensa, non ode, non vede. Sente soltanto quello strano vuoto attorno a sé. No, lei non può vivere senza quell’amore neanche un solo giorno. Avanza con le braccia tese, movendosi a tastoni in un mondo defunto nel quale si sente perduta. Dalla finestra bassa del solaio si vedono in lontananza gli altiforni da cui si sprigionano fiamme e fumi. Elisa non guarda fuori. Alza le mani, si afferra al telaio della finestra, sale sullo stretto davanzale di legno. Alta com’è, per non urtare contro le travi del soffitto deve abbassare un po’ la testa. Appoggia un attimo la guancia sull’intonaco del muro, tiene gli occhi chiusi, e ha un viso sereno, quasi sorridente”.
Sono le ultime, vibranti, immagini di questo libro pubblicato nel 1937 che, senza indugio, prende a pugnalate ogni comoda lettura dell’amore. Anche in questo caso, come per la maggior parte dei libri che consiglio (anche i thriller che tanto amo non fanno eccezione), non importa svelare qualcosa di una trama, fare quello che oggi si chiama spoilerare. La trama, in un romanzo, è secondaria. A venire prima sono i caratteri, gli scontri di aspetti che determinano una personalità, gli angoli dove troviamo rifugio e prigionia.
Elisa ama Gilles. Vive per lui, per le loro due gemelle (poi arriverà un terzo bimbo), per la loro casa e per il giardino, per i suoi rientri dal lavoro, che la lasciano senza fiato. La bellezza di lui, la sua pelle, i suoi occhi, le sue mani, tutto la annienta, tutto le toglie volontà, solo in lui e per lui Elisa vive. E solo per Elisa vive Gilles fino a una mattina qualsiasi, una mattina come tante: nella loro cucina è seduta la sorella minore di Elisa, Victorine.
L’uomo per la prima volta sembra guardarla e il suo cuore gli sfugge via, in un attimo. Sfugge dalla sua casa, sfugge dalle sue bimbe, da sua moglie e corre, corre tra gli abiti e tra le labbra della giovane, conturbante, capricciosa ragazza. Elisa scopre il tradimento e decide di far finta di nulla, almeno all’inizio. Poi sceglie di mettere in atto una strategia e parla con Gilles, lo consola, gli dice che può accadere, lo consiglia, gli asciuga le lacrime quando lui piange per il comportamento della giovane amante.
Se lo appoggio, pensa Elisa, vincerò. Lui tornerà da me, devo solo avere pazienza. E lui torna. Torna perché Victorine vuole sposare un altro. Torna perché Victorine gli ha spezzato il cuore e dentro non c’è più nulla: tanto vale stare con te e i bambini, dice Gilles ad Elisa, anche se non ti amo, anche se non amerò mai più.
Sono passati ottant’anni da quando questo libro e la sua autrice suscitarono scalpore per la crudezza della narrativa romanzesca. Non è cambiato molto: continuiamo a voler credere che l’amore possa vincere l’assenza d’amore, che le strategie o i ricatti emotivi possano far tornare a vivere non un legame ma una relazione. Che un uomo che abbiamo perso possa tornare perché noi lo ‘ascoltiamo’ e lo ‘capiamo’.
Povere noi. Che per un uomo che non ci vuole siamo in grado di arrivare ad annullare noi stesse.
Madeleine Bourdouxhe, La donna di Gilles, Adelphi
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