Il dizionario la definisce “disposizione abituale od occasionale alla moderazione, alla tolleranza e alla sopportazione più o meno rassegnata”. Molta gente, però, è convinta che sia “la virtù dei forti”.
Allora, io mi domando: che cosa ci azzecca la rassegnazione con la forza?
Cedere davanti a fattori negativi, infatti, non mi sembra un atto particolarmente eroico. Eppure, molto spesso la pazienza viene addirittura definita santa.
Accettare la vita per quello che è non fa parte del mio carattere. Esattamente come non mi piace aspettare in tutta tranquillità che le cose cambino. Però, leggendo l’articolo 5 passi per coltivare la pazienza (su Confidenze in edicola adesso) mi sono accorta che con la smania del tutto-subito, dentro di me convive un atteggiamento di indulgenza.
A questo punto, la confusione regna sovrana. Come posso amare la velocità e l’immediatezza, ma anche la pacatezza e la tolleranza?
La risposta è abbastanza semplice: non sopporto perdere tempo, ma mi rendo conto che a volte non posso farne a meno.
Quindi, ci sono momenti in cui vengo presa dall’isteria e altri in cui me ne faccio una ragione.
Per fortuna, spesso perdo la testa per cazzate clamorose. E se quisquilie come una coda o l’attesa di una risposta mi mandano sempre fuori dai gangheri, davanti a un intoppo più grave di solito riesco a mantenere una certa lucidità.
In realtà, non è proprio così. Perché di primo acchito l’evento negativo rilevante mi fa piangere tutte le mie lacrime. Ma versarle copiose mi aiuta a recuperare le facoltà mentali per affrontarlo.
La prova è stato il lockdown. L’idea di buttare via tre mesi della mia vita rinchiusa in casa senza sapere cosa sarebbe successo, sulla carta avrebbe dovuto farmi sclerare. Invece, dopo lo sgomento iniziale ho cominciato a fare pace con una vita completamente inaspettata e diversa, arrivando addirittura ad apprezzarne alcuni aspetti.
E pazienza (appunto) se alla mattina il sole a palla (mai visto tante giornate splendide come durante l’isolamento) mi ricordava che avrei potuto essere a spasso, magari su una pista da sci o seduta al tavolino di un bar.
Neanche fossi un certosino, me ne stavo placida in attesa di sviluppi. E anche adesso che la situazione è leggermente migliorata, aspetto di vedere cosa succederà con uno spirito che mi stupisce.
Lo smartworking che prosegue senza date stabilite, una casa in ristrutturazione in cui non so quando entrerò, le vacanze che più vaghe non si può e un futuro professionale ancora ignoto mi lasciano quasi indifferente.
Al punto che in certi momenti penso di essere entrata in modalità rassegnazione. Mi basta, però, mettermi in coda fuori dalla panetteria per sentire i nervi risvegliarsi come grilli. E capire che non mi sto arrendendo. Sto solo realizzando che sì, la pazienza può essere davvero santa.
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