Su Confidenze di questa settimana la storia vera La rimpatriata di Vincenza Cascio ci descrive in modo un po’ surreale un rito che prima o poi a chiunque di noi sarà toccato sperimentare: le cene di classe con gli ex compagni di scuola.
Fortunatamente nella maggior parte dei casi questi incontri non finiscono com’è descritto nella storia (che non spoilero invitandovi a gustarvela sulla rivista) ma è un dato di fatto che le persone vi ripongono aspettative diverse. C’è chi partecipa per nostalgia, (il vero convitato di pietra a queste cene è la giovinezza e l’adolescenza) e chi per la curiosità di vedere come si è cambiati, cosa si è diventati ed il confronto con il “come eravamo” è inevitabile, a volte buffo, altre spietato.
Diciamo che il giusto bilanciamento tra i due fattori determina la riuscita o meno della serata. Ma la vera scommessa, a mio modo di vedere, è un’altra: ritrovarsi dopo tanti anni in cui la vita ci ha separati e resi estranei per scoprirsi di nuovo complici, come lo siamo stati su quei banchi di scuola dove siamo cresciuti insieme, e insieme abbiamo condiviso emozioni, paure, delusioni, insieme abbiamo scoperto la fatica dello studio, l’amore e l’amicizia.
Non c’è periodo della vita che resti più impresso dell’adolescenza, e leghi le persone tra loro nel bene come nel male.
A volte la magia funziona: ci si siede a tavola e dopo cinque minuti si ha la sensazione di non essersi mai lasciati, di non avere alle spalle matrimoni, divorzi, figli, né quelle tante primavere che ci hanno resi estranei e così lontani dal mito dell’adolescenza. E dietro quei fili grigi si ritrovano gli stessi sorrisi, le stesse espressioni, lo stesso desiderio di mordere la vita.
Altre volte invece la complicità sperata non scatta e mi sono fatta un’idea del perché: inconsciamente ciascuno di noi in questi eventi è rimasto nel ruolo e nel posto che gli è stato assegnato a suo tempo dai compagni di classe: ma la vita ti cambia e a volte riserva anche delle belle sorprese: così scopri che quella ragazza così taciturna e scontrosa è diventata una chicchissima signora dal fare mondano, o che l’ultimo della classe si è fatto strada come dirigente d’azienda, tutto sta nel capire chi desideri trovarti di fronte: il vecchio compagno di scuola o l’adulto di oggi?
Conosco persone che non partecipano a queste riunioni perché le vedono come un terribile banco di prova e preferiscono non dover immancabilmente sottostare alla fatidica domanda: e tu cosa fai di bello nella vita?
I motivi possono essere i più disparati: c’è chi non vuole più immedesimarsi nei panni adolescenziali perché quel periodo l’ha vissuto con sofferenza e se lo sente finalmente buttato alle spalle e rivedersi con quelle persone non fa che aprire una vecchia ferita e c’è chi teme il confronto con gli altri perché nella vita ha concluso poco.
Viceversa c’è chi è rimasto attaccato a quel periodo e lo sente ancora come il più ricco, umanamente il più appagante.
Ci vuole intelligenza e sensibilità per gestire questi appuntamenti e non trasformarli in un’arida vetrina dei successi professionali o personali di ciascuno, o in un inevitabile amarcord di episodi di vita scolastica. Quando si trova il giusto equilibrio e ciascuno si sente accolto per ciò che è senza giudizi o pregiudizi, allora ci si sente di nuovo compagni di scuola per tutta la vita.
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