Chi trova un amico trova un tesoro, dice il proverbio, ma a volte il tesoro lo trova solo uno dei due e l’altro finisce per sentirsi derubato di tutto, fino all’ultima energia.
Sto parlando dei rapporti di amicizia sbilanciati, dove è sempre uno dei due che corre in aiuto dell’altro, che ascolta gli sfoghi, ti passa a prendere in macchina perché “se non ci fossi tu non so come farei” e via dicendo, con il risultato che alla lunga vien meno quel requisito di reciprocità che è la linfa vitale di un’amicizia vera, quell’osmosi di dare e avere che fonde due anime per sempre.
Del tema ne parliamo su Confidenze nella storia vera raccolta da Guglielmo Pizzinelli, Io ed Elena, e leggendola mi sono ricordata che anch’io, come forse tante di voi, sono incappata nell’amica “piovra”.
Di solito non è mai all’inizio che si palesa la sua vera natura, perché se no non si diventerebbe amiche, ma per quei giri del destino che fa la vita, ci si ritrova magari anni dopo a farle da crocerossina o da sportello di assistenza psicologica, investiti da un ruolo più grande di noi.
Non fraintendetemi, gli amici si vedono nel momento del bisogno, ma se ad aver bisogno è sempre lo stesso, alla fine diventa una forma di volontariato.
Volete un piccolo identikit dell’amica piovra? Di solito è molto egocentrica, parla solo di se stessa, delle sue vicende sentimentali o dei suoi guai di salute, con un certo vittimismo, a te spetta il compito di ascoltare e neppure consigliare, perché tanto poi farà di testa sua.
L’amica piovra non è mai autonoma, se si decide di andare al cinema sai già che dovrai andarla a prendere in macchina e riportarla a casa, perché lei non guida.
Quando arrivano le vacanze sai già che ti dirà accorata: «dove vuoi che vada… Con il lavoro che mi ritrovo non posso certo permettermi di spendere per andare in vacanza» insinuando così in te terribili sensi di colpa per lasciarla da sola in città.
Ti chiama nei momenti meno opportuni (mentre sei al lavoro o stai cenando) e se glielo fai notare ti fa sentire un’ insensibile ingrata. Con il tempo ti accorgi che le tue vicende personali la toccano solo da lontano, e che comunque il centro dei problemi resta sempre e solo lei.
Per contro è anche molto generosa: ho ancora un abito di Yves Saint Laurent che mi regalò l’amica piovra, dopo averlo ricevuto in dono («a me il panna sbatte in viso..» disse sconsolata regalandomi il vestito).
Ricordo ancora quando nacque mio figlio e lei venne a trovarmi in ospedale. Dopo i convenevoli di rito, mi disse trionfante: «Hai visto che pancia piatta mi è venuta?».
A questo punto, direte, sorge legittima la domanda: perché la frequenti allora?
Perché nelle amicizie si perdona questo e altro, perché ho sempre pensato che un giorno chissà, forse anch’io potrei trovarmi nella sua situazione e sapere di poter contare su qualcuno aiuta, perché nella vita è facile perdersi, più di quanto si creda, e poi diciamo la verità, questa associazione di mutuo soccorso, se presa a piccole dosi, fa bene anche allo spirito. Persone come queste hanno lo straordinario dono di farti sentire importante, utile, se non indispensabile.
Inutile negarlo, il nostro amor proprio ne esce rafforzato e per un perverso meccanismo la loro amicizia serve a nutrire la nostra autostima. Fino a quando la misura non è colma e allora ogni tanto si sente il bisogno di una boccata d’aria fresca.
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