Ho 32 anni, un marito e una bambina. La mia è una felicità fatta di piccoli gesti come mangiare un gelato insieme, ma che ho conquistato a fatica, lavorando sui miei traumi precedenti
storia vera di Sara I. raccolta da Eleonora Girotti
È una fresca serata estiva, il sole non è ancora calato e nonostante qualche nuvola decidiamo di cenare in giardino. Vedo correre mia figlia nel prato e mi sento felice. Alle prime gocce di pioggia alzo gli occhi al cielo e mi preparo a rientrare.
«Mi piace quando piove, così poi viene l’arcobaleno» dice Sofia con gli occhi sognanti. I bambini riescono sempre a trovare il lato positivo di ogni situazione.
Mentre finisco di sistemare la cucina, sento Luca leggerle un libro e ne sono sempre più convinta, la felicità è fatta di cose semplici. Come guardare un film insieme, il nostro preferito è Up, la storia d’amore dei personaggi rispecchia molto il legame che ho con mio marito. Poi c’è la pizza, cosa c’è di meglio della pizza? Forse l’amore, certo se qualcuno ti ama più di una buona pizza, tienitelo stretto.
«È ora di dormire» sussurro dando il bacio della buonanotte a mia figlia, «domani la sveglia suona presto e dobbiamo festeggiare il mio compleanno».
Ho appena compiuto 18 anni. La scuola è finita e con alcuni amici decidiamo di andare al lago. Il mio fidanzato si è preso un giorno di ferie ed è passato a prendermi poco dopo l’alba. È una bella giornata e un’amica insiste per prendere il pedalò, con noi c’è anche mio fratello più piccolo, io non sono entusiasta, ma accetto.
«Fa caldo, andiamo a prendere una bottiglietta d’acqua?» dice qualcuno. È davvero ghiacciata, tanto che non riesco a berne nemmeno un sorso. Suggerisco al mio ragazzo di aspettare, ma lui la manda giù velocemente e senza pensarci troppo. Subito dopo essere saliti sul pedalò mio fratello si tuffa. Io non so nuotare quindi non mi butto e non lo fanno neppure le mie amiche.
Il mio fidanzato decide di fare il bagno con mio fratello. Prima però mi dà un bacio. Si tuffa e non risale. Non lo vedo, mi preoccupo, urlo a mio fratello di immergersi, ma non lo trova. Siamo nel panico. Chia-miamo aiuto. Arriva il motosca fo del bagnino con i soccorsi, ma quando riusciamo a individuar lo e portarlo sulla spiaggia, ormai non c’è più niente da fare. Un medico cerca di rianimarlo per più di 40 minuti. Piango, urlo, prego. È un incubo dal quale non riesco a svegliarmi. Tutto intorno a me si muove, ma io resto fer-ma. Immobile. Paralizzata.
Suona la sveglia, sono le 7. Vorrei tirare un sospiro di sollievo, pensare che è stato solo un incubo, ma non è così. Devo alzarmi. Trovo la tavola apparecchiata e un coloratissimo biglietto d’auguri per i miei 32 anni, mi siedo a fare due chiacchiere con Luca e Sofia. Per me latte macchiato e biscotti. Vado in bagno e mi guardo allo specchio, stendo un velo di rossetto e osservo riflessa la donna che sono diventata.
Accompagno mia figlia alla scuola materna e torno a casa a lavorare. Quando sono entrata nel settore del marketing online l’ho fatto per necessità, oggi posso dire di essere una professionista preparata e realizzata. Lavorare da casa è molto comodo, soprattutto quando hai dei figli.
Nel 2020, con l’inizio della pandemia, ho avuto una sorta di crisi lavorativa legata alle mie insicurezze che mi ha spinta ad allontanarmi per un po’ dal mondo digitale e a riflettere su molti aspetti della mia vita. Una sera mi sono imbattuta nel video di un ragazzo americano che trattava di mindset, cioè la mentalità o meglio l’atteggiamento con cui ci poniamo davanti alle sfide e agli eventi della vita. Spiegava quanto le nostre esperienze passate influenzino le nostre scelte, anche nel lavoro, quanto riescano a farci compiere determinate azioni in base a ciò che abbiamo vissuto. Io, che aspiravo a certi risultati, mi sentivo bloccata e ascoltando le sue parole ho capito che potevo lavorare sui miei punti deboli.
Sono sempre stata una bambina timida. A causa dei continui trasferimenti dei miei genitori, ho dovuto cambiare tante volte scuola e i compagni mi hanno spesso bullizzata per le mie insicurezze, aggravandole.
Nessuno sapeva che vivevo all’ombra di situazioni molto complesse. Mia zia era tossicodipendente e sono stata spettatrice di scene a cui nessuno avrebbe voluto assistere. A 13 anni, dopo la separazione dei miei, sono andata a vivere con i miei nonni e ho affrontato l’adolescenza come meglio ho potuto, cercando di socializzare e ottenendo buoni risultati a scuola. Poi, l’incidente al lago. Perdere il mio fidanzato in quelle circostanze mi ha colpito duramente. Ho avuto attacchi di panico per giorni e ho tuttora paura di perdere le persone che amo. Quando due anni dopo, in una calda giornata di luglio, mi chiamarono per dirmi che mio zio si era tolto la vita, pensai a un brutto scherzo. Era un uomo allegro, eravamo cresciuti con lui, non poteva essere vero. Invece arrivati a casa di mia nonna c’era la Polizia: la sua impresa edile aveva iniziato ad andare male e lui aveva deciso di farla finita. La prima parte della mia vita è stata tutta un susseguirsi di episodi traumatici. A 20 anni ero una donna fatta e finita.
Finita nel senso che a causa di tutto ciò che avevo vissuto ero diventata sempre più timida e mi ero chiusa in me stessa. Nella mia mente si ripeteva un unico pensiero: “Non sono forte abbastanza”.
Poi è arrivato Luca. Ci conoscevamo già da qualche anno perché è il cugino di una mia amica. Ci incontravamo alle feste, parlavamo del più e del meno, ma lui era più grande di me, quindi non era mai successo nulla tra noi.
Una sera, stavo facendo una passeggiata quando vedendomi da sola ha accostato la macchina per fare due chiacchiere. Lui era così forte caratterialmente, lo ammiravo per questo, quasi lo invidiavo, mentre io ero a pezzi.
Il primo appuntamento è stato in una pizzeria. Margherita per me e quattro formaggi per lui. Due pizze e una capanna. Mi stavo avvicinando al mondo digitale ed è stata una coincidenza divertente scoprire che anche lui lavorava online. Abbiamo iniziato a frequentar- ci senza avere nessuna aspettativa, e senza volere nulla se non passare del tempo insieme. Stavamo bene, non contava altro.
Non dimenticherò mai quando un giorno mi disse: «Tu sei fragile tanto quanto sei forte». Non gli ho creduto, ma ho iniziato a rifletterci.
La maternità ha fatto il resto. Quando è nata Sofia, quasi sei anni fa, ho avuto paura di non riuscire a gestirla da sola senza il supporto costante di mio marito. Avevo paura di tutto. Poi ho pensato a ciò che avrei voluto insegnare a mia figlia e sono diventata quella persona. Forza, determinazione, costanza, disciplina: tutte doti che pensavo non appartenermi ed erano lì, dentro di me, in attesa di essere tirate fuori. Così, può una donna, da sempre convinta di essere debole, scoprire che in realtà è questo il punto di forza da cui darsi lo slancio?
Dopo il parto sono tornata a quel lago con tutta la mia famiglia e da lì sono ripartita. Ho capito che da sola potevo farcela, prima nel lavoro e poi come mamma tiro fuori il meglio nel momento in cui voglio dimostrare a me stessa che io posso farcela da sola.
Sono le 15,30, è ora di andare a riprendere Sofia alla scuola materna. «Ciao mamma, andiamo a prendere un gelato?». Dimenticavo il gelato. Un buon film, la pizza, l’amore. Il gelato.
Sono passati 14 anni da quella prima sera in pizzeria con Luca, abbiamo riso, abbiamo pianto, abbiamo costruito la nostra famiglia. La nostra vita semplice. ●
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