Oggi è il tuo compleanno

Cuore
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Vi riproponiamo sul blog la storia vera più votata dalle lettrici questa settimana: Oggi è il tuo compleanno di Francesca Stucchi. Apprezzata anche Finché coraggio non ci separi di Anna Baltia Delfini, di cui potete ascoltare il Podcast

 

È un giorno che non dimentico anche se non posso più parlarti. Ricordo la nostra telefonata di auguri: breve, fragile e gentile, un po’ come te, cara nonna. Avevi un mondo dentro che non sei riuscita a esprimere e ti ho amata anche per questo

STORIA VERA DI FRANCESCA STUCCHI

 

Mi sono svegliata presto, prima dell’alba, ormai sono abituata. Ho preparato i pranzi e le merende per i bambini, ho appoggiato i vestiti puliti sul divano avendo cura di abbinare stoffe e colori, ho lavato i capelli, perché se sono puliti mi sento già meglio. Fa freddo stamattina, uno spicchio sottile di luna si staglia perfetto nel cielo cobalto e vorrei potermi fermare per disegnare la meraviglia che vedo dal finestrino dell’auto. Invece accompagno a scuola i bambini e vado al lavoro, tutto come al solito.

Peccato non sia scesa la neve quest’anno, l’inverno se ne sta andando senza essere stato inverno davvero e lascia un’impalpabile scia di malinconia. La scrivania dell’ufficio è in disordine, un po’ come i miei pensieri, è ora che rimetta a posto le cose. Oggi, cara nonna, è il tuo compleanno. Ho poca memoria, ma questo giorno non lo l’ho mai scordato. Non ti ho portato la torta con le candeline, ricordo che non gradivi festeggiare, però ti ho sempre telefonato e raccontato un po’ di me.Ti sentivo sorridere dall’altra parte del telefono mentre ti spiegavo che sono tanto impegnata e mi dicevi che la vita è così, che tu c’eri passata e che è dura da sempre a ogni età. Dura perché la tua mamma è morta presto e hai dovuto crescere i tuoi numerosi fratelli, dura quando a soli 12 anni hai cominciato a lavorare e, prima che facesse giorno, scendevi a piedi lungo il sentiero per andare al cotonificio, dura quando sei diventata mamma di due maschietti vivaci così vicini d’età e dura anche quando poi il più piccolo se n’è andato lontano.

Gli anni sono volati, davvero, come frecce scoccate una dopo l’altra, e sei invecchiata quasi senza accorgertene con una salute di ferro.
La nostra telefonata era breve, fragile e gentile, finiva con il tuo ”grazie” e il mio ”a presto”. Riattaccavo cacciando via dal cuore una dolce amarezza.

Tu e io, cara nonna, forse non ci siamo mai capite, vissute in epoche lontane con situazioni diverse, poi sai, tu hai avuto due maschi, io anche una figlia. La distanza a cui mi tenevi sapeva quasi di protezione e non saprei dire se volessi proteggere me o piuttosto te stessa. Si capiva che eri arrabbiata per i sacrifici e le privazioni che hai dovuto sopportare fin da bambina, ti immaginavo intrappolata in un luogo oscuro da cui non avevi più trovato una via d’uscita.

Poi quando anch’io sono diventata mamma, ti ho portato i miei bambini e sono stati la tua finestra di luce sul mondo. Più crescevano più li trovavi meravigliosi, una volta hai anche detto ”come mamma e papà”. Sei la seconda di 11 fratelli e avevi otto sorelle! Come avrei desiderato averne almeno una… I rapporti con loro però si sono deteriorati, ognuna aveva la propria famiglia e pian piano il tempo si è portato via gli affetti più cari.

Anche il nonno ci ha lasciati. Restavo a bocca aperta ad ascoltare i suoi racconti della nave affondata e dei tre giorni e tre notti passati in mare su una zattera, con i compagni mangiati dai pescecani. Aveva anche salvato un compagno ferito, estraendogli una pallottola da una gamba e gettandolo in mare, tra le grida di dolore, per disinfettare la ferita. Un eroe il nonno, scampato miracolosamente alla guerra e poi ricompensato dalla vita con il dono di una nipotina che adorava. Quanto mi affascinavano le sue creazioni in legno e in ferro battuto, che tu volevi regalarmi per liberare la casa da quelle cianfrusaglie. Il caro nonno Tino se n’è andato comunque presto, facendo giusto in tempo a vedermi ragazzina, orgoglioso che mi sarei  iscritta al ginnasio che aveva frequentato anche lui. E così sei rimasta sola, una solitudine quotidiana, silente e subdola che lentamente spacca il cuore. Eppure qualcuno non ha mai smesso di amarti, di venire a trovarti, di occuparsi e di preoccuparsi per te. Si è fatto carico dei pesi che non potevi portare, delle faccende da sbrigare e delle incomprensioni che riuscivi a creare. È proprio questo che fa un figlio amorevole per sua madre.

Anch’io, nella mia vita complicata, ho sempre riservato un posto per te, anche quando non venivi, anche se non mi ascoltavi. Guardo la foto scattata il giorno della mia prima Comunione e tra te e il nonno vedo una bambina sincera e delicata.

Oggi è il tuo compleanno, il primo in cui non ti chiamo e non vengo a trovarti.Ti penso però, da stamattina, affiorano nella mia mente vecchi ricordi e anche quelli degli ultimi mesi, quando ti sei fatta così piccola e fragile e sentivi volentieri le mie carezze. Penso a tutto quello che avrai avuto dentro e non hai mai detto, alle belle giornate della tua vita quando ti sei sposata o quando è nato il tuo primo figlio e a quelle tristi e dolorose che poi hanno rovinato tutto.

Sai, ho apprezzato che hai sostituto le caramelle alle erbe con i cioccolatini per i miei bambini, che ti sei interessata di come andavano a scuola e complimentata con loro per come suonano il pianoforte. Non dimentico la tua telefonata il giorno di un mio compleanno, regalo unico e inaspettato come un tulipano sbocciato in autunno.

Ti ammiro perché te la sei sempre cavata da sola senza disturbare nessuno, perché hai fatto come volevi con grinta e forza di volontà, anche quando gli anni hanno cominciato a pesare. So che la cosa che più ti è costata nella vecchiaia è stata non poter più uscire per il tuo giro mattutino per la spesa e la visita al cimitero, so che in realtà era la tua buona scusa per incontrare le persone del paese, fare due chiacchiere e sentirti viva. Avrei dovuto portarti ancora fuori.

Mi dispiace che ti abbiamo portata alla casa di riposo e ti confesso che mi dava fastidio che ti chiamassero Marta, quando per tutti sei sempre stata “Nini”. Non ti sei mai lamentata di questo, come se non t’importasse, forse perché la Nini lì non ci è mai davvero entrata.

Ora innaffio le tue piante, non sono rigogliose come allora, ma stanno bene. Hai sempre dedicato molta cura per farle crescere belle e fiorite, con un pollice verde che non ho ereditato. Mentre aspettavo che tu aprissi la porta, sempre più a lungo negli ultimi anni quando i tuoi passi erano diventati più lenti e incerti, mi soffermavo a guardare il tuo piccolo delizioso giardino di rose e calle che solo un’anima gentile poteva aver creato.

Sul tuo terrazzo la vista è incantevole, così ampia che abbraccia tutto il lago e il paese di Bellano, i passerotti e le tortorelle vi fanno ancora sosta non trovano più briciole da beccare, ma non ti hanno dimenticata.

Pensandoti mi rendo conto che alcune ferite lasciano segni che non si possono cancellare e che non tutte le nonne sono uguali: alcune hanno un mondo dentro che non ti sanno spiegare, sono le nonne a cui l’affetto sei tu che lo devi dare.

Ora è troppo tardi, lo so, per telefonarti e farti gli auguri di buon compleanno, per chiederti perché non mi hai abbracciata, ma ormai non ha più importanza. So che ci siamo volute bene, pur incapaci di dircelo e di dimostrarcelo, sei la mia nonna, io tua nipote e lo sono sempre stata.

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