Un classico è per sempre. E per sempre ha qualcosa di nuovo da dire. È una moda che non passa mai come un tubino nero o un paio di jeans.
Come abbia fatto Jane Austen, nata nel 1775 e figlia di un reverendo, a scrivere la Bibbia del sentimento moderno prima ancora dell’avvento narrativo di William Thackeray e Charles Dickens è mistero destinato a restare tale. Amatissimo da tutte le ragazze e donne dell’emisfero, questo long seller dalla struttura narrativa perfetta nella sua limpidezza continua a raccontarci una favola ironica e romanticissima, commovente e indimenticabile.
Jane, con Elizabeth Bennet, ci ha fatto dimenticare Biancaneve e Cenerentola e ha aperto le porte a Candy Candy e Lady Oscar. Basta con i principi sfacciatamente virtuosi! Vogliamo uomini con sguardi pirati e corpi da briganti, maschi che si innamorino di noi ma che, “piccolo” particolare, sappiano gestire la relazione con sapienza burbera e faccia da schiaffi (e poi baci, ovviamente).
Jane, con Fitzwilliam Darcy, ci ha rovinate. Tutte ci siamo perdutamente innamorate di lui fin dalla prima riga, proprio come Lizzie. E tutte, da sempre, siamo in attesa del suo arrivo, della sua iniziale antipatia, della sua rozza superficialità e dei suoi capelli neri e della sua fragilità mascherata.
Giunti alla resa dei conti, Liz e Darcy ci regalano uno scambio di battute che è diventato il punto di riferimento di tutta la psicoterapia rosa contemporanea:
“Perché sembrava che non ti curassi affatto di me?”
“Perché eri seria e silenziosa, e non mi incoraggiavi in nessun modo”
“Ma ero confusa!”
“E lo ero anch’io”
“Quando sei venuto a pranzo, però, avresti potuto parlare un po’ di più con me, no?”
“Lo avrebbe potuto uno meno innamorato di me”.
Grazie al cielo Jane Austen era una scrittrice vera e solo nelle ultime pagine del romanzo sveste Lizzie del suo orgoglio e libera Darcy dal pregiudizio. Non per niente. L’amore è bello, certo. Ma solo se, come recita il vecchio adagio, litigarello!
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Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio, Mondadori
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