Purtroppo, può capitare di perdere un bambino nella pancia. Eppure, un aborto spontaneo può essere un trauma pesante e difficile da fronteggiare. La mia amica Marta, a cui è successo, è la testimonianza che, però, questi dolori si possono superare.
La sua storia: «A 37 anni, sono rimasta incinta. Io e mio marito non avevamo figli e non avevamo cercato la gravidanza. Quando abbiamo scoperto di aspettare un bambino, all’improvviso è emersa la voglia di diventare genitori: eravamo felicissimi, ricchi di gioia e progetti per il piccolo in arrivo. Il primo mese, non abbiamo detto niente a nessuno, consideravamo il bimbo un segreto da custodire gelosamente. Pregustavamo il momento in cui avremmo svelato ai nostri genitori che sarebbero diventati nonni. Ma non è mai successo, perché al secondo mese ho perso il bimbo». Per Marta, l’aborto è stato un dramma: per mesi, si è ripetuta che solo una donna meschina e senza valore poteva causare la morte del suo piccolo. «Ero disperata, ma non mi andava di chiedere aiuto. Per fortuna mio marito mi ha obbligata a fare quattro chiacchiere con una nostra conoscente psicoterapeuta. Mi sembrava un confronto inutile, invece è stato produttivo. La psicoterapeuta mi ha restituito un po’ di serenità, che mi è stata utile soprattutto quando, due anni dopo, sono rimasta di nuovo incinta».
Affrontiamo questo tema delicato nell’articolo Se il bambino non è mai nato, pubblicato sul numero 44 di Confidenze, in edicola questa settimana.
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