Avete presente quei test che dicono: “se dovessi portarti via qualcosa di caro da una casa che brucia, cosa sceglieresti”?
Ecco io davanti a una domanda così non saprei proprio cosa rispondere. E non perché sia così anaffattiva da non legarmi a nessun oggetto, al contrario, mi sento terribilmente attaccata alle cose, le carico di un significato simbolico che alla lunga mi impedisce poi di disfarmene.
Cominciamo dai vestiti: conservo ancora nell’armadio il tailleur indossato il giorno della laurea, accanto all’abito da sposa. Lo fanno tutti, direte voi.
E che dire del giubbotto di jeans che mi ha visto fare le notti sul ponte a bordo dei traghetti nelle estati in Grecia? È ancora appeso nell’armadio anche se non lo metto più da anni. E così pure quella gonnellina che indossavo proprio il giorno in cui lui ha messo gli occhi su di me.
Feticci di un tempo passato che io custodisco come tabernacoli, perché a ciascuno è legata una parte di me. Anche se, sempre per restare in tema abbigliamento, sono stata altrettanto capace di far sparire un’intera annata di magliette e pantaloni, quella del 1995, perché legati a un ricordo troppo doloroso, di cui appunto ogni traccia andava cancellata.
Inutile mentire, ognuno di noi ha un libro, un giocattolo, da cui non si staccherebbe mai. E passi per i ricordi dell’infanzia (a casa dei miei genitori troneggia ancora la mia collezione di bambole Holly Hobbie che guai a toccarle! E men che meno a regalarle) ma quando l’attaccamento si estende anche a vestiti e suppellettili, forse si esagera un po’.
Insomma gli oggetti saranno anche inanimati ma per molti di noi un’anima ce l’hanno o forse gliela trasmettiamo noi con il tempo, ergendoli a taciti custodi delle nostre vite. Qualcuno potrebbe dire che tutto questo è frutto del consumismo esasperato della nostra società, che ci ha abituato a contornarci di cose superflue, (si chiamano appunto beni di consumo) che ai nostri occhi diventano invece indispensabili. Non saprei… chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Per questo vi invito a leggere con ironia e un pizzico di nostalgia la storia vera pubblicata su Confidenze: “Cara, vecchia R4” raccolta da Guglielmo Pizzinelli. Perché, per i sentimentali, cambiare auto è uno strappo al cuore ed è davvero un pezzo di vita che se ne va a rottamarsi con le lamiere. Io l’ultima volta, quando ho lasciato la mia vecchia Yaris al concessionario le ho fatto una foto di nascosto con lo smartphone … Così ogni tanto se ho nostalgia posso andare a rivedermela.
E voi che rapporto avete con gli oggetti? Ce n’è uno in particolare da cui non vi separereste mai? Fateci sapere qual è l’oggetto del cuore.
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