storia vera di Antonella R. raccolta da Federico Toro
Mi ha lasciata proprio nel periodo più bello dell’anno. Mi rassegno a trascorrere le feste da sola. Ma una visita inaspettata mi fa ancora credere nella magia del Natale.
Mi stringe tra le braccia e io inspiro profondamente il suo odore. Ma non è il suo profumo. E neanche il mio. Dalle mani lascio cadere a terra una pallina rossa. Nella stanza cala un silenzio gelido, frantumato dal rumore della sfera colorata che continua a rotolare finché un muro non arresta la sua corsa. Ancora silenzio. Mi stacco e lo guardo negli occhi.
Mi ricambia con lo sguardo consapevole di essere stato colto in flagrante. Non prova a negare e nemmeno si sforza di cercare una scusa anche stupida e insensata.
Gli pongo semplicemente la domanda: «Perché?». «Credevo fosse chiaro anche per te» risponde flemmatico.
Mi chiedo quale reazione sia più adatta alla circostanza. Sono indecisa se tirargli uno schiaffo di quelli che lasciano l’impronta e ricoprirlo di improperi oppure accennare un sorriso di assenso.
Non faccio né l’uno né l’altro. Mi giro di spalle, raccolgo la pallina tirando un sospiro e la posiziono sull’albero. E mentre rovisto nella scatola alla ricerca di altre decorazioni mi scappa un sommesso:«Quattro anni buttati».
«Non dire così. Ti ho voluto bene». Ora sì che gli tirerei volentieri un pugno. Come si può dire alla donna con la quale hai condiviso quattro anni della tua vita: “Ti ho voluto bene”? Una frase orribile, devastante. Ti colpisce dritto al cuore come un razzo lanciato da un bazooka.
«Tutto qui. Dopo quattro anni ti congedi con questa frase, senza darmi spiegazioni, senza farmi capire. Prendi le tue cose, mi auguri “Buon Natale”, mi dai un bacetto sulla guancia e chiudi la porta alle tue spalle. Ti invidio, sai. Provo un’invidia feroce nei tuoi confronti. Sei calmo, risoluto, posato. Mi liquidi come se stessi pagando il conto dal carrozziere che ti ha appena lucidato l’auto, e magari gli allunghi qualche euro in più, dato che in questo periodo siamo più buoni e generosi».
«Mi dispiace davvero». «Ecco, l’ultima battuta prima di uscire di scena. Mia sorella aveva intuito ogni cosa. Centinaia di volte mi ha ripetuto di mandarti al diavolo. Sei un miserabile pagliaccio. Non vali nulla. Non fai altro che prendere in giro gli altri, trascini tutti nel tuo mondo dorato per poi scaricarli senza pietà…
Ho allontanato le mie amiche e soprattutto a causa tua ho distrutto il rapporto con mia sorella. Pensavo che avesse torto, speravo in un tuo cambiamento e invece aveva ragione, mille volte ragione e se fossi stata più furba avrei seguito il suo consiglio mollandoti tempo fa. Fino all’ultimo ho confidato in noi».
Continuo distrattamente ad allestire l’albero, ma sento affiorare le lacrime, mi impongo di ricacciarle indietro. Non voglio dargli soddisfazione. Lo avverto alle mie spalle. Il suo respiro è pesante e il silenzio mi addolora. Mi rigiro e lo guardo con un ghigno.
«Che cosa ci fai ancora qui? È arrivato il momento, non credi? Puoi raccogliere le tue cose e abbandonare l’appartamento. Non ti disturbare a salutarmi e stai attento a non lasciare nessun oggetto che possa ricordarmi il tuo passaggio in questa casa».
Come un bambino redarguito dalla mamma, esegue le mie precise indicazioni. A un tratto, mentre sono intenta a controllare le lucine dell’abete, sento la porta chiudersi. Conto tre secondi e quel pianto soffocato esplode con tutta la sua irruenza. Mi butto a peso morto sul divano. Piango per un tempo indefinito.
Dev’ esserne passato un bel po’, me ne rendo conto dalla penombra che ora invade la stanza. Mi sento così sola. Questa volta ci avevo creduto. Dopo tante delusioni ed esperienze negative, pensavo fosse arrivato finalmente il mio uomo. Nonostante i suoi difetti e la sua vita decisamente discutibile, mi faceva battere il cuore e rendeva le mie giornate piene e assolate. Invece ora, le parole di mia sorella risuonano assillanti nella mente: “Ti rendi conto di quanti anni hai? Quasi 42. E cosa fai? Invece di trovarti una persona matura con la quale costruire un futuro e pensare anche a un figlio – e non hai tanto tempo a disposizione – ti invaghisci di un trentenne”.
Mi asciugo le lacrime e abbozzo un sorriso quando trovo in fondo alla scatola la pallina preferita di mia sorella. È una sfera di vetro, all’interno vi è un pupazzo di neve. Quando eravamo piccole fissavamo a bocca aperta la pallina. Per noi quel prezioso oggetto rappresentava il Natale, quell’atmosfera magica e fiabesca con i suoi inconfondibili profumi di muschio, cannella e vaniglia. E mentre continuo a contemplare la sfera, risento i suoi aspri rimproveri: “E poi, mi dici cosa fa nella vita? Dice che fa il rappresentante. A me sembra solo un tipo arrogante che si diverte con i soldi del papà. Per una volta fidati di tua sorella maggiore”.
Colloco la sfera di vetro sull’albero e per un attimo mi viene voglia di scaraventarlo a terra. Mi blocco. Non voglio che il disgraziato mi rovini il periodo più bello dell’anno. Ma credo che ormai l’abbia già fatto. E tutti i miei progetti di organizzare una romantica Vigilia di Natale sono andati in fumo. Chiudo gli occhi e inesorabilmente ritorna quella voce: “Cosa ti aspettavi da una persona così falsa? Chissà quante volte ti ha tradita. Ora vorresti anche perdonarlo? Ebbene, se ti azzardi a compatirlo mi hai perso per sempre. Ti giuro, non mi rivedrai più”.
Ha mantenuto la promessa, o meglio la minaccia. Non ha sopportato il mio ennesimo perdono e da due anni ha deciso di troncare ogni rapporto. Posso darle torto?
Aveva ragione in pieno e se solo l’avessi ascoltata, ora non sarei qui a piangere come una disperata. È trascorsa una settimana da quando lui ha varcato la soglia di ingresso in assoluto silenzio. Tra pianti e ricordi del passato ho adornato il mio appartamento. Si respira l’aria natalizia, ma il macigno sul cuore non mi abbandona. Mi dedico a decorare la mensola del camino con la classica ghirlanda luminosa illudendomi che tutto andrà per il meglio, ma so che sarà difficile.
Oggi è la Vigilia e la solitudine mi attanaglia l’anima. Comunque ho preparato una cena deliziosa e a farmi compagnia ci saranno le fiamme del camino e la televisione sintonizzata su uno di quei film romantici-natalizi. Anche la tavola è apparecchiata con cura. L’ultimo tocco: la candela al centro. Sono pronta a festeggiare il mio Natale da single. All’improvviso il suono del campanello. Apro la porta. Mi sembra di sognare. Nessuna delle due dice una parola, ma ci buttiamo l’una tra le braccia dell’altra. Dopo alcuni secondi, ancora frastornata ed emozionata, le chiedo: «Come facevi a sapere che…».
«Non lo sapevo. Ma qualcosa mi ha spinto a venire qui. Forse non riuscivo a sopportare il distacco, avevo voglia di trascorrere il Natale con te. E poco mi importava di trovare anche lui. Tu vieni prima di tutto. E ora, so di aver preso la decisione giusta». «Dài, siediti, è tutto pronto. Ti farò rivivere i magici Natali della nostra infanzia». Immerse nella luce calda e tremolante delle candele alziamo i nostri calici per un brindisi e le sussurro:«Non senti anche tu un profumo di muschio e cannella?». «Sì, lo sento anch’io, tanti auguri sorellina». «Buon Natale, sorellona». ● © RIPRODUZIONE RISERVATA
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