Ricordi preziosi di Natale

Cuore
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Se si è o si hanno bambini, non c'è festa più bella. Non a caso, ognuno di noi è pieno di ricordi che riguardano il Natale

Ho una memoria da elefante. Perciò, quando ho letto l’articolo Il ricordo più prezioso (su Confidenze in edicola adesso), la mia mente si è riempita di memorie di ogni genere. Bellissime, carine, bruttine e orribili.

Visto il periodo, però, ho deciso di fare una selezione e di concentrarmi su quelle del Natale. Partendo dai festeggiamenti dell’infanzia.

Come tutti i bambini, da piccola trovavo dicembre un mese magico. Nonostante sapessi perfettamente che i regali non arrivavano dal sorridente e cicciottone signore vestito di rosso, ma dai genitori.

In ogni caso, il dettaglio non toglieva fascino a quelle settimane di preparativi per la seratona della Vigilia. Perché a casa nostra tutto si ammantava lo stesso di fatato mistero.

Innanzitutto, la sala. Alla quale si accedeva attraverso una grande apertura senza porte. E dove nel resto dell’anno i bambini non erano mai ammessi, se non in occasioni speciali.

Ebbene, un paio di giorni prima della festa, questo locale veniva nascosto da un’enorme tenda. E lì dietro, la mamma inventava ogni volta una nuova disposizione di albero, candele, pacchetti.

Poi, nel pomeriggio del 24 noi fratelli andavamo al cinema con il babbut (a vedere un cartone Disney oppure uno spaghetti western con Terence Hill e Bud Spencer).

Dopodiché, nel buio totale delle ore 18 dicembrine tornavamo a casa. Ci piazzavamo davanti al salotto celato. I genitori strappavano la tenda con enfasi da battitori d’asta. E noi ci trovavamo in un mondo incantato di luci calde e profumo di resina al cui pensiero mi commuovo ancora oggi.

Quei Natali, infatti, rimarranno per sempre nel mio cuore. Per mille motivi. Il più importante è che, rarità assoluta in una famiglia socievole come la mia, la serata era solo ed esclusivamente per noi quattro.

La tradizione è continuata anche dopo che la marmotta e il babbut si sono separati. Ma si è interrotta appena noi figli, ormai adolescenti e sciatori accaniti, abbiamo preferito una cena di famiglia anticipata per essere sulle piste deserte nei giorni in cui gli altri spacchettavano.

Da allora i nostri Natali sono stati comunque splendidi. Però, lontani mille miglia dall’atmosfera delle pubblicità. Recuperata soltanto quando sono nati i miei bambini. Con qualche particolare modificato.

Visto che l’arrivo degli strufolini non ha intaccato la passione per lo sci, io partivo con loro per la montagna appena finiva la scuola. E il 24 pomeriggio ci raggiungeva il resto della famiglia. In un appartamento così piccolo che era difficile nascondere la sala.

Quindi, per evitare che la vedessero mentre l’addobbavamo, l’unica soluzione era impedire ai bambini di uscire dalla loro cameretta per un paio di ore. Che i due trascorrevano tipo galeotti in cella.

In realtà, tutto questo alimentava l’aspettativa per la festa. Tant’è che quando, finalmente liberi, i pisquanelli entravano nel minuscolo vano decorato, avevano occhi scintillanti di felicità come succedeva a me da piccola.

Sul fatto che ai figli piacesse tanto il nostro modo scrauso di celebrare il Natale, fra l’altro, ho anche una prova lampante.

Una volta eravamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. E per non tenerli “segregati” troppo a lungo, abbiamo chiesto loro di portare via cartoni e imballaggi, rendendoli complici dei preparativi.

Morale, al ritorno a scuola, in un temino (che conservo ancora) uno dei due ha scritto: «Quest’anno la mamma e il papo sono stati gentilissimi. Perché mentre preparavano la sala, ci hanno chiesto di andare a buttare la pattumiera».

Ecco: se penso al Natale, forse questo è Il ricordo più prezioso. Perché l’idea che gli strufolini considerassero una figata pazzesca uscire di casa carichi di sacchi della spazzatura e che si sentissero lusingati di essere finalmente coinvolti nell’organizzazione della nostra Vigilia continua a stringermi il cuore. Anche a distanza di più di una trentina d’anni.

Confidenze