Il numero di Confidenze in edicola è dedicato nelle storie vere interamente al Confylab, il nostro laboratorio di scrittura che quest’anno ha invitato gli aspiranti scrittori a confrontarsi su un tema come i segreti. Non poteva essere diversamente, penserete voi, visto che ci chiamiamo Confidenze e che da sempre il tema del raccontare di sé e del “confidarsi” anima la nostra rivista.
Anche questa volta i racconti ricevuti in redazione sono stati davvero tanti e, come ha spiegato il nostro direttore Angelina Spinoni nel suo editoriale, sono stati letti e selezionati da due coach, Annalucia Lomunno e Silvia Montemurro, due scrittrici che ci hanno aiutato a scremare le tante storie ricevute.
Personalmente mi ha stupito come molti racconti abbiano sullo sfondo segreti familiari inconfessati, a volte trasmessi di generazione in generazione (sono tutte storie vere e spesso anche autobiografiche). Quasi a formare una memoria familiare parallela che si alimenta e si fonda sulla capacità di tacere e conservare un segreto che poi nel tempo rimane tale solo per il diretto interessato.
Pensiamo a quante volte nella vita quotidiana abbiamo sentito dire la fatidica frase: “lo sapevano tutti tranne lui o lei”. Spesso nel dirla ci riferiamo ad amanti o pseudo tali attribuite al marito o alla moglie, ma a volte anche a segreti familiari più intimi e dolorosi, come la presunta omosessualità di un figlio o di un marito, la malattia di un congiunto o ancora il non sapere di essere figlio adottivo o di essere figlio di un altro padre.
Ma come ci si deve regolare davanti a qualcuno che ci chiede di mantenere un segreto su qualcosa d’importante? Vale sempre la massima: “Un bel tacer non fu mai scritto”?
E se si scopre che c’è stato nascosto qualcosa che ci riguarda, o sottaciuto?
In fondo nella radice stessa della parola confidarsi è insito il senso dell’atto stesso: cum fides, significa fidarsi di qualcuno, porre fiducia in una persona che scegliamo come depositaria di un segreto.
Tacere o confidarsi? è anche il titolo dell’articolo che trovate nelle pagine della psicologia e che ci insegna a distinguere tra un segreto “buono” che deve rimanere tale per proteggere qualcuno e un segreto “malsano” che serve solo alla persona che ce lo ha rivelato per togliersi di dosso un peso e scaricarlo su qualcun altro. La nostra esperta psicologa ci insegna a comportarci in base alla tipologia di segreti da custodire.
Per quanto mi riguarda alla domanda: Sai tenere un segreto? Risponderei Nì. So tenere un segreto quando riguarda la vita privata delle persone, perché detesto il pettegolezzo sulle questioni personali e di salute, ma non sarei capace di nascondere a mio figlio una verità scomoda solo appunto perché scomoda. Ma ciascuno è un caso a sé e se volete scoprire quanto è complesso e ricco di sfumature l’animo umano leggete le storie del Confylab e fateci sapere quale avete apprezzato di più.
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