Ho sempre avuto cani ma con nessuno in passato ho mai sentito il bisogno di andare a scuola di comportamento.
Il problema è sorto da quando è entrata a far parte della mia famiglia canina Kuki, una meticcetta scampata a una morte brutale nei canili lager spagnoli. Traumatizzata da un passato di violenza e percosse, Kuki si è attaccata morbosamente a me e Joy, bulldog inglese incapace di fare il capobranco, ha iniziato ad avere atteggiamenti di ribellione. S’impuntava come un mulo per non uscire, per esempio, ma quando dovevo uscire io mi saltava addosso o mi prendeva le scarpe.
Meo, il mio terzo cane, un dolcissimo yorkie, da bravo maschio tonto, si barcamenava tra le due, ora imitando l’una ora l’altra e la mia casa era diventata un inferno: anarchia completa.
Devo anche dire che non avevo molte speranze: la bulldog, di ormai 6 anni, corrisponde perfettamente alle descrizioni della sua razza, ovvero uno dei cani più testardi e con un quoziente di ubbidienza pari a zero. La meticcetta, molto nervina, con un passato così feroce prometteva proprio male. Ma alla fine, su suggerimento di un’amica ho chiamato Anna, descritta come una delle migliori educatrici di cani su piazza.
Già dalla prima “lezione” mi sono resa conto di aver intrapreso un percorso affascinante per come io vivo i miei cani. Ovvero come cani, né come surrogati di figli non avuti né come surrogati di affetto umano.
I cani, e in generale tutti gli animali, per me sono un dono. Esseri diversi con i quali stabilire relazioni e contatti nel rispetto reciproco e nella condivisione profonda del sentire la natura.
Belle parole. Peccato che il mio comportamento non ha mai seguito le mie intenzioni. L’ho capito con Anna.
Inutile che mi dilunghi sulla spiegazione in dettaglio di come si svolge la lezione di un comportamentalista. Diciamo che soprattutto le prime ore vengono spese a valutare atteggiamenti e “messaggi” fra uomini e cani. Da qui, l’esperto trae le sue conclusioni per stabilire un percorso corretto di rieducazione. Del proprietario, soprattutto.
Anna infatti con una frase ha disegnato la nostra situazione, imputando giustamente tutta la responsabilità a me. Ha detto: «Tu e i tuoi tre cani siete un branco. E tu dovresti essere il capo, ma non lo sei. Da qui il caos fra Joy, Kuki e Meo, tutti alla ricerca di un ruolo e di una competenza che tu non riconosci loro».
Molto più rigida con me che con i cani, Anna mi ha dimostrato che a loro basta spiegare con gentilezza, parole chiare e tono sereno quello che si vuole. Ci credete che Joy non s’impunta più da quando, prima di uscire, le indico con la mano la porta e le dico: «Vieni con me?».
Adesso il primo passo è fatto, ma le lezioni non sono finite. Più Joy migliora più la gelosia di Kuki peggiora e si trasforma in attacchi e morsicature che la bulldog si becca impassibile sul faccione.
Pare che sia un passaggio obbligato, sono certa che con Anna sistemeremo anche questa, intanto Meo guarda da lontano le evoluzioni delle compagne.
La spesa, assolutamente abbordabile, vale il risultato. Per questo consiglio a chi desideri avere un rapporto corretto con il suo cane o a chi intende adottarne uno, di richiedere la consulenza di un esperto come Anna. Se non ci sono particolari problemi, basta anche solo un incontro. Come nella storia vera di Laura Minetto, Operazione gentilezza pubblicata su Confidenze di questa settimana.
Una psicoterapia veloce e a risultato sicuro. Per l’umano, naturalmente.
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