Sono una secondogenita e così quando ho letto su Confidenze la storia raccolta da Rossana Campisi “La secondogenita” non ho potuto fare a meno di riflettere e per certi aspetti identificarmi nel racconto della protagonista.
Chi ha avuto la fortuna (per me è stata tale) di avere una sorella maggiore sa di cosa parlo.
Noi in casa eravamo solo due figlie femmine e per giunta con pochi anni di differenza l’una dall’altra. Così è stato quasi inevitabile per i nostri genitori farci fare le stesse cose: tutte due a lezioni di pianoforte, tutte due gli stessi sport e le stesse scuole, nella stessa sezione , con i prof. che immancabilmente il primo giorno di scuola mi chiedevano: «Vediamo se anche tu sei brava come tua sorella…».
Un confronto continuo, spesso esasperante sia per l’una che per l’altra e che, almeno dal punto di vista scolastico, è durato fino alla scelta dell’Università, quando le nostre strade si sono divise. Ma non nella vita, dove invece abbiamo continuato e essere unite, condividendo per anni le stesse vacanze e le stesse amicizie.
Non nego che il fatto di essere la secondogenita abbia portato numerosi vantaggi, oltre allo svantaggio di sentirmi “eterna seconda” in tutto ciò che facevo. Il primo beneficio è che una sorella maggiore ti fa da apripista nella vita, lottando inconsciamente anche per te nel guadagnarsi l’indipendenza dai genitori, con il risultato che certe sudate (per lei) conquiste, come le prime uscite serali, il cinema domenicale con le amiche, le vacanze da sole a me venivano concesse con due anni di anticipo, se non altro per la comodità di sapere entrambe le figlie nello stesso luogo e con le stesse persone .
E poi vuoi mettere, hai a disposizione di fatto un guardaroba doppio: alzi la mano chi non ha mai barattato i vestiti con la sorella minore o maggiore?
“Mi presti quel top per sabato sera?” chiedevo io implorante. “Solo se mi fai mettere i tuoi jeans per una settimana di seguito” rispondeva lei lapidaria. E siamo andate avanti così per anni, magari rubandoci di nascosto una maglietta o scambiandoci un costume da bagno in una simbiosi che ci ha viste sostenerci a vicenda, scoprire il mondo insieme e legarci in modo indissolubile. Anche se poi avendo due caratteri opposti, finivamo spesso per litigare, e lei essendo primogenita voleva sempre imporre il suo punto di vista (lo fa tutt’ora).
Adesso questo rapporto così stretto si è sciolto per forza di cose, perché ciascuna ha trovato la propria strada (e finalmente da sola, senza l’aiuto dell’altra) ma mentirei se dicessi che gelosie e confronti sono finiti, perché chi ha fratelli e sorelle, sa che il terreno di competizione è sempre quello: l’affetto dei genitori.
Vi invito a leggere la storia di Manuela raccolta da Rossana Campisi, ci insegna che anche nei rapporti familiari gli equilibri possono cambiare, ma che a volte ci si ritrova, quasi sempre.
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