Storia al capolinea? Non scrivete lettere

Cuore
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Quando una storia arriva al capolinea non è mai bello. Eppure, anche quando l’invaghimento ha portato addirittura a giurarsi (convinti, convintissimi) amore eterno, può succedere.

A volte (troppo rare) ci si lascia di comune accordo e tutto fila liscio. Ben peggio è quando sei tu che vuoi mollare perché hai sempre un po’ paura di fare la mossa sbagliata. Di pentirti in futuro. Di ferire la persona che non vuoi più accanto.

Davvero orribile, però, è sentirsi dire addio. Sicuramente un colpo al cuore, ma anche all’orgoglio. Che si inalbera talmente da spingere l’abbandonato a gesti e comportamenti turpi, come insegnano Totti e la Blasi.

Se ve ne parlo non è per rispolverare le tappe della separazione più chiacchierata del momento, visto di Rolex e griffate (più che sottratte, rapite come fossero bambini) ne abbiamo tutti le palle piene.

Lo spunto è un altro: l’articolo Ciao, amore, ciao (su Confidenze in edicola adesso). Che raccoglie alcune testimonianze di chi non sta più insieme e racconta come ha messo (o sentito) la parola “fine” sulla propria storia.

Le descrizioni spaziano da una lunga mail a un laconico Whatsapp, confermando che scrivere è reputato ancora oggi un metodo per affrontare a distanza ciò che andrebbe detto vis à vis. Il che mi fa una grande tristezza, seppure mettere parole su carta sia il mio mestiere, oltre che la mia passione.

Ma digitare un addio, scusate, no. Non credo che sarei capace di farlo. Meno che mai scriverei una lettera a chi il benservito l’ha dato a me.

Quando si prende una batosta amorosa, infatti, le emozioni impazziscono e prendono il sopravvento. Così, viene naturale munirsi di carta e penna (oppure tastiera e monitor) pensando di convincere l’uccel di bosco a tornare nel nido.

Peccato che questa mossa sia del tutto sbagliata.

Intanto, perché chi dichiara di volersene andare, ha già fatto la scelta. Quindi, non sarà certo una sfilza di belle frasi a fargli cambiare idea.

Ma ci sono due ragioni ben più importanti per cui (a mio avviso) bisogna trattenersi dallo scrivere quando si è fuori di testa: il rischio di farsi ridere alle spalle. E, appena rientrati in sé, pentirsi amaramente della missiva.

Lo dico perché un giorno un amico (non certo un’idea elegante, ma così sono andate le cose) mi ha letto una lettera ricevuta da una sua ex disperata, desiderosa di ricatturarlo. E io, ascoltandola, mi sono sentita morire per lei.

La poverina, infatti, ha vomitato sul foglio parole che nessuno con un minimo di dignità avrebbe mai fatto uscire dalla propria bocca: si è dichiarata disponibile a qualsiasi cosa pur di riprendere la storia. Ha descritto lui come un dio calato in terra e se stessa alla stregua dell’ultima delle derelitte. E ha ventilato l’ipotesi di un futuro di coppia che sarebbe stato del tutto inaccettabile anche per la persona più disposta a umiliarsi.

Ebbene, quella signorina io la conoscevo benissimo. E sapevo che, una volta tornata lucida, avrebbe pagato a peso d’oro qualcuno purché recuperasse la lettera della vergogna e la distruggesse.

Lo stesso vale per gli uomini. Non dimentico le parole dell’ex fidanzato di un’amica in fuga da lui, che all’inizio le si rivolgeva supplicando un ripensamento. Poi, troppo preso da sentimenti offesi, ha proseguito lo scritto con una serie di improperi e insulti, accusandola di essere la peggiore delle donnacce.

Il risultato? L’amica ha condiviso con noi quelle parole sulle quali abbiamo riso fino alle lacrime. Di lui ancora oggi pensiamo tutte quante che sia un cretino. E, naturalmente, i due non sono mai tornati insieme.

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