“Se pensate che gli amanti siano partigiani della felicità; gente abbastanza disillusa da aver capito che l’unico modo per resistere all’andazzo mortifero della vita matrimoniale sia farsene un’altra in cui negare ideologicamente le norme vigenti nella prima, e dunque abolire ogni ruolo, ogni dovere, ogni ambizione di stabilità in nome di un unico fine superiore (il solo che poi conta veramente), quello di vedersi quando si ha voglia senza aspettarsi dall’altro più di quanto ti dà; bene, se è questo che pensate, allora lasciate che vi dica che non avete la minima idea di cosa state parlando.
C’è un momento, diciamo intorno al primo anniversario di una relazione clandestina, in cui pieghi la testa di lato, stringi gli occhi come cercassi qualcosa di minuscolo che si muove nell’aria, e vedi in filigrana il casino in cui ti trovi. Questo è amore, ti dici senza mezzi termini, atro che chiacchiere”.
Modesto, sposato, padre. Viviana, sposata, madre. Un giorno si incontrano. Una storia comune a molti. Passerà, ti dici. Cedo giusto un attimo, ti dici. Domani lo mollo, ti dici. Aiuto, chiedi ad un tratto a labbra chiuse. Lo amo. Può accadere. Se sei sfortunato e benedetto può accadere. Che un amante poi diventi qualcosa di più. Qualcosa tipo TUTTO. E sei fregato, sì. Perché non è detto che uno che si innamora di nuovo sia un senza cuore, che non patisca l’ipotesi di abbandonare chi c’è stato fino ad allora, che non arrivi a piegare la testa e suicidarsi l’esistenza rinunciando.
Ci sono libri che non hanno alcun valore letterario, questo è onesto dirlo. E’ onesto dirlo in relazione a questo romanzo. C’è un però.
Non sta in effetti scritto da nessuna parte che nel 2016 i libri debbano avere solo un valore letterario (posto che qualcuno ancora sappia cosa, con questo, si intenda).
Quindi. De Silva è un uomo che mastica con assoluta nonchalance il linguaggio dei quarantenni di oggi e armeggia ancora meglio con la cifra stilistica del tomo da – non c’è storia, se vuoi pubblicare questo devi fare – vendere. E cosa vende, oggi? Oggi vendono le storie che ci ritraggono e che ci fanno da specchio. Oggi vendono le storie che ci perdonano l’inciampo.
Questo, anche se non ha valore letterario, ci dice molto. Ci dice che abbiamo bisogno di raccontare, di ascoltare, di metterci in discussione. Di terapia, e non solo di medicina, alternativa.
Per sfortuna, direbbero alcuni. Grazie al cielo, dico io.
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