Parma, dove la storia fa innamorare

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Parma è la città italiana dove la qualità di vita è migliore, secondo la classifica che Italia Oggi e Università la Sapienza di Roma hanno stilato, come ogni anno, a novembre. Ecco i luoghi da non perdere nella città emiliana

di Stefania Romani

È stata Parma, a farmi innamorare del Medioevo. E me lo ricordo, con un pizzico di nostalgia, nell’entrare a San Francesco al Prato, una chiesa gotica trasformata nel periodo napoleonico in un carcere, nel quale fu imprigionato, fra gli altri, Giovannino Guareschi, il papà di Don Camillo. Con l’elmetto giallo in testa, seguo una visita guidata particolare, perché attraversando le navate dell’edificio restaurato, salgo fino al rosone della facciata, un pizzo ricamato nella pietra, che a 20 metri da terra mi regala uno splendido colpo d’occhio sulla città: oltre i tetti, si delineano il fianco della Cattedrale e la cupola del Battistero firmato da Benedetto Antelami, le due strutture iconiche aperte sulla piazza che, già ai tempi dell’università, mi sembrava un concentrato di eleganza e che tuttora attira i turisti.

UN’IMMERSIONE NEL BELLO
Ora, per Parma Capitale della Cultura 2020-21 sono tornata fra queste testimonianze, provando lo stupore di quando studiavo. Se accostandomi al Duomo mi affascinano i maestosi leoni stilofori del portale, all’interno mi colpisce il bassorilievo con la Deposizione di Antelami, che si rifà al mondo classico con una novità assoluta, per l’impatto drammatico e l’onda di movimento generata attorno alla croce. È un’opera che condensa lo stile fra Romanico e Gotico dello scultore e architetto. Ma guardo e riguardo anche i capitelli medievali, che lungo le navate alternano in modo immediato episodi religiosi, racconti mitologici e scene di caccia, come un’enciclopedia per immagini. A rapirmi, però, è sempre stato il capolavoro dell’Antelami, il battistero firmato nel 1196 in cui l’artista progetta in perfetta armonia la struttura e il suo apparato plastico. All’esterno dell’ottagono, con tre portali scolpiti, si dipana lo Zooforo, un bestiario che in 75 formelle snocciola una galleria strepitosa di soggetti simbolici e fantastici, mentre l’interno a sedici  lati conta una cupola affrescata nel Duecento e sculture di mesi e stagioni, un ciclo realizzato da Benedetto per la loggia interna. E grazie alla mostra Il lavoro dell’uomo, il tempo della terra, allestita proprio nel Battistero, ho l’occasione di trovarmi di fronte ai Mesi e le stagioni, vedendo da vicino le opere adagiate in basso, per ammirarne la materia, la lavorazione, le superfici scolpite ma non levigate. Il percorso espositivo mi permette anche di condividere il punto di vista dell’Antelami, che in questa posizione controllava le sue opere connotate da un realismo appena addolcito. Pochi passi fra le vie eleganti del centro e arrivo alla Pilotta, edificio monumentale che incarna il prestigio seicentesco dei duchi Farnese: la struttura dai voltoni altissimi, racchiude tesori come la Biblioteca Palatina, il Museo Archeologico Nazionale, il teatro Farnese e la Galleria Nazionale di Parma. Nell’ala occidentale è stata valorizzata con un nuovo allestimento la Scapiliata di Leonardo, la piccola tavola che spicca sul fondo metallico grigio: lo spazio dedicatole esalta il volto leonardesco, un delicato viso giocato sull’oro e sui bruni, con cui il genio vinciano «non realizza solo un’icona di bellezza femminile, ma molto di più, esprimendo forza, libertà, femminilità, sintetizzando i dettami su come vadano dipinte le chiome delle donne», sottolinea il direttore del complesso Simone Verde.

ERBARI E PREPARATI FARMACEUTICI
Poi, scelgo l’itinerario della Pharmacopea, alla scoperta di una tradizione importante, facendo la prima tappa all’Orto botanico di origine settecentesca, che in 11.000 metri quadri avvicenda un giardino all’italiana, un arboreto e una distesa di gusto inglese, dal fascino un po’ decadente. Fra le collezioni dell’Orto mi ha colpito l’erbario Luigi Gardoni, farmacista che nell’Ottocento, fra ricette, ritagli di giornali, liste di spese per i funerali di famiglia, ha accumulato specie esotiche e indigene, essiccate, catalogate e applicate su fogli con note personali. Da qui mi muovo alla volta della farmacia San Filippo Neri, dove oltre un portone, negli imponenti locali con affreschi ottocenteschi, mi si spalanca un mondo in equilibrio fra l’antica spezieria alimentare e i preparati farmaceutici di tipo chimico. Fra gli scaffali in legno scorro via via flaconi in vetro, strumenti medici, bilancine, vasi antichi, ricettari manoscritti o stampati. A sinistra, si apre l’Oratorio barocco di San Tiburzio, sede della Congregazione di Carità, legata ai Gesuiti, che arrivarono in questo quartiere di Parma nel 1564, occupandosi di istruzione. Ma soprattutto, misero a punto cinque secoli fa un efficientissimo sistema sanitario territoriale, con visite a domicilio per i bisognosi, raccontato in carte e documenti inediti. Lascio questa città pensando che riserva sempre sorprese.

Per organizzare il soggiorno: www.visitemilia.com, sito di Destinazione Turistica Emilia, con eventi e percorsi a tema.
Per le visite alla chiesa di san Francesco: www.sanfrancescodelprato.it.
Per conoscere il calendario delle iniziative di Parma Capitale della Cultura 2020-21: https://parma2020.it/it/eventi/.

Testo pubblicato su Confidenze 48/2021

Foto: Shutterstock

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