Trama – Utilizzando la metafora del ballo a due e di come sia nella distanza, nel rispetto dei confini, tra i corpi e non dalla fusione e dalla troppa vicinanza che nasce l’armonia, l’insieme, tutte le spiegazioni e giustificazioni da psicologia del discount vengono rispedite ai mittenti: l’amore tossico non è frutto di incontri sbagliati, ma figlio di tutte quelle relazioni che vengono prima, all’interno delle case in cui nasciamo e muoviamo i primi passi e “cresciamo”. E di queste relazioni è figlio sia chi chiamiamo “carnefice” sia chi chiamiamo “vittima”. L’odio e l’amore (spesso confondiamo il primo con il secondo e viceversa), il ‘latte’ che beviamo da bambini, sono le due determinanti che ci forniranno, oppure no, l’equilibrio e l’indipendenza necessari a vivere i nostri futuri, camminando accanto alle persone, con le persone (amici, amori, colleghi, parenti, genitori, figli), senza doverle attirare nel nostro spazio vitale o costringerle a inglobarci nel loro.
Un assaggio – Nelle famiglie ad alto tasso di simbiosi interna e chiusura esterna – che ho chiamato claustrofobiche – il risultato è la dipendenza dei figli, dapprima verso le figure di cura e attaccamento, poi verso ogni partner che ne prende il posto e che potrebbe potenzialmente fare qualunque cosa di loro. L’amore ambivalente di queste famiglie nasconde l’odio sotterraneo, forse inconsapevole agli stessi protagonisti, nei confronti della crescita dei giovani. Cominciamo a intravvedere il legame forte che esiste tra amore tossico, sconfinamento e odio. Nelle famiglie simbiotiche ogni limite è annientato, nessuno ha un proprio posto preciso – anche i posti nei letti sono scombinati -, perché i confini tra le generazioni vengono dimenticati: l’incesto è l’estremo prodotto di tali famiglie chiuse. Anche quando esso non si dà materialmente, l’atmosfera di una famiglia a contatto eccessivo è incestuosa, infatti i suoi membri si comportano come se dovessero vivere tutti uniti per sempre; in un certo senso, come se tutti fossero sposati con tutti. (…) Nelle famiglie abbandoniche, al contrario, i confini sono rigidi, i genitori anaffettivi, le relazioni regolate da muri invalicabili. (…) Sottolineo con forza qualcosa che non è del tutto ovvia: la separazione è l’esatto contrario dell’abbandono, il quale evoca, specularmente, l’abisso della simbiosi.
Leggerlo perché – di Laura Pigozzi, psicanalista lacaniana, avevo già avuto modo di apprezzare uno scritto coraggioso edito sempre da Rizzoli nel 2020, Troppa famiglia fa male, nel quale si sottolinea come la rinuncia da parte dei genitori a un ruolo di guida a favore di un atteggiamento e comportamento protettivo proiettato verso l’infinito rappresenti una delle radici che devastano la nostra società perché sospende il momento che più di ogni altro invece la costruisce: la responsabilità. Abbiamo bisogno oggi più che mai di leggere e di in-formarci: da una parte tutti i confini, anche quelli di genere, sembrano essere saltati, sostituiti da identità più vaste e determinanti del maschile e del femminile assegnato ‘solo’ in base all’organo di nascita; dall’altra una cultura ancora tutta soffocata da categorie esplicative piccole piccole come quella relativa alle relazioni tossiche (e al gaslighting, al ghosting, al serial loving) sempre rappresentate – soprattutto dalla chick lit ormai regina di Tik Tok e Goodreads e Wattpad – con un peso schiacciante a sfavore della figura partneriale maschile. La tossicità è fenomeno ben più complesso, capillare, ampio: origina in un altrove che colonizza, poi, sia il predone (vampiro, mostro, ecc) che la preda (vittima, innocente, inconsapevole, ecc). Verso quell’altrove dobbiamo imparare a guardare per capire, ‘responsabilizzare’ la nostra storia, le nostre posizioni, i nostri movimenti.
Laura Pigozzi, Amori tossici, Rizzoli
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