“Il padre di Charlie. L’amore della mia vita. Ian. (…) All’epoca vivevo in una parte del mondo che quasi nessuna guida turistica si premurava di menzionare. Quelle che lo facevano usavano espressioni come «devastata dalla guerra», «impoverita», «allo sbando». Tutte espressioni destinate a esercitare un certo fascino su di me. Mi attirava l’idea di vivere in quello che a volte veniva definito «l’angolo più buio e dimenticato d’Europa». Dunque, nel bel mezzo della mia fase da buona samaritana, insegnavo inglese ad alcuni studenti universitari in uno dei remoti Paesi balcanici dell’ex blocco sovietico. Mi trovavo in Bulgaria, e la mia migliore amica Joanna viveva in un Paese confinante, un posto poco confinante poco conosciuto ma altamente infiammabile chiamato Macedonia. Conobbi Ian a una raccolta fondi. Sembra già una noia, vero? Be’, lui era tutt’altro che noioso. Eravamo a Ocrida, un luogo decisamente turistico poche ore a sud di Skopje, la capitale della Repubblica di Macedonia, non lontano dal confine con la Grecia. (…) Non fosse stato per la tensione palpabile tra le persone che si aggiravano per i tortuosi vicoli e le piazze, Ocrida avrebbe potuto essere un luogo affascinante e accogliente. Invece in quel periodo era presa d’assalto dai fedeli di due diverse religioni, e io avevo la sensazione che tutti si guardassero in cagnesco con un misto di sospetto e sete di sangue. Il Paese era sull’orlo della guerra civile”.
Questa volta ad attrarmi è stato il comunicato stampa. Mi è caduto lo sguardo su una parolina magica che a me fa lo stesso effetto di un fiore estivo per un’ape: Balcani. La libreria era a pochi passi, sono corsa a comprarlo. L’ultimo week-end al mare di agosto, un clima perfetto, il profumo della frittura fresca che arrivava dal ristorantino dello chalet, una leggera timidezza del sole: ambientazione perfetta per farsi catturare dalla realtà da brivido dei thriller contemporanei, quelli che si sviluppano in luoghi che riconosciamo e che coinvolgono caratteri che ci somigliano.
Una telefonata al 911 di una tranquilla cittadina del Kansas interrompe la linearità notturna: una voce di donna chiede aiuto, si sente un bimbo gridare e poi più nulla. Gli agenti arrivano sul posto e quella che si trovano davanti è una scena del crimine che non lascia spazio ai dubbi: conosciamo la vittima, l’assassino ammette di aver ucciso. È legittima difesa, è l’epilogo triste di una storia d’amore, di una malattia.
Maddie ci racconta la sua vita, l’incidente che da bambina aveva rischiato di ucciderla, la passione per lo studio delle lingue, l’amicizia con Jo, il colpo di fulmine per Ian, agente di sicurezza inglese dal fascino torbido e silenzioso.
Maddie ci prende per mano e ci chiede di assistere alle sue sedute di psicoterapia. Ci racconta gli anni passati in attesa che Ian smettesse di lottare con i fantasmi di una vita passata nei luoghi ardenti della Terra. Ci racconta la nascita di Charlie e le incomprensioni con Jo, il tentativo di recuperare quanto si è incrinato. Ci racconta il timore verso l’umore poco stabile di Ian.
“Il matrimonio perfetto esiste. Come il delitto perfetto”. I sentimenti non sono patrimonio esclusivo dei buoni. E il mondo, che non è un capitolo di una favola, funziona con personaggi che non possiamo definire solo buoni o cattivi. Ognuno ha le proprie ragioni. E per amore c’è chi è disposto a morire. Chi è disposto a mentire. E chi è disposto ad uccidere.
Annie Ward, Anime feroci, Longanesi
Ultimi commenti