“Il disturbo narcisistico è uno dei dieci disturbi di personalità classificati dal DSM-5 (…), lo descrive come caratterizzato da grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Per formulare la diagnosi devono essere soddisfatti almeno cinque dei nove criteri che elenco qui sotto. Sono criteri molto chiari e semplici, persino troppo, e sono certo che, leggendoli, penserete ad alcuni personaggi pubblici e a qualche conoscente. I) Ha un senso grandioso di importanza (per esempio, esagera risultati e talenti, si aspetta di essere considerato superiore senza un’adeguata motivazione). 2) È assorbito da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale. 3) Crede di essere «speciale» e unico e di poter essere capito solo da, o di dover frequentare, altre persone (o istituzioni) speciali o di classe sociale elevata. 4) Richiede eccessiva ammirazione. 5) Ha un senso di diritto (cioè l’irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative). 6) Sfrutta i rapporti interpersonali (cioè approfitta delle altre persone per i propri scopi). 7) Manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri. 8) È spesso invidioso degli altri o crede che gli altri lo invidino. 9) Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti, presuntuosi”.
Il Dsm è il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali. Giunto, nel 2013, alla quinta revisione, è utilizzato come riferimento classificatorio dai ricercatori e dagli psichiatri per la diagnosi dei disturbi mentali. Molte sono le critiche che gli vengono mosse, anche dallo stesso Lingiardi: “la diagnosi DSM, nell’ultima come nelle precedenti edizioni, ha sempre e solo guardato alla forma sprezzante e aggressiva del disturbo narcisistico, trascurando quella ipersensibile e allarmata”. Il narcisismo è un disturbo, sicuramente lo è. Ma il narcisismo è anche un tratto comune a molti, forse a tutti. È la ‘quantità’ ma anche la ‘qualità’ a fare la differenza e a marcare lo spazio in cui l’arcipelago si estende, tra isolotti e consistenze d’acqua.
Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, è il capitano di questo viaggio affascinante che non ci risparmia mare mosso, mulinelli, pericoli di naufragi ma sa anche restituire il piacere di una nuotata in acque cristalline, sicure e calme. Il libro, di agilissima e chiara scrittura, si divide in due parti, Il caso mitico e Il caso clinico. Un viaggio che comincia all’origine del mito, tra oracoli e specchi d’acqua, e termina con il narcisismo sociale e tutte le sue derive apparentemente immateriali e superficiali: “La credenza alla base dei selfie non è «mi vedo dunque sono» ma «sarò visto dunque sono». La tragedia dei selfie non è fotografarsi nella bellezza affettuosa o buffa di un autoritratto ma ritrarsi e ritoccarsi per poi riprodursi in migliaia di sé da far rimbalzare sui social. È il bisogno di riconoscimento, per molti è proprio fame. Non di guardarsi, ma di essere guardati da migliaia di occhi. Dietro ogni fenomeno narcisistico c’è sempre la speranza di essere notati, forse per essere amati. Certo da una società, ma anche da una famiglia”.
Il narcisismo non è un virus, il narcisismo è parte del nostro scheletro, è una postura. Tanto più eviteremo di considerare le sue basi (Insicurezza, Egocentrismo, Rabbia, Invidia e Vergogna) e meno riusciremo a vederlo e misurarlo nella sua reale grandezza. Meno ascoltiamo la sua voce, che è un grido d’aiuto, una visione distorta, una persistente e consistente fragilità, e più lo armiamo per una guerra che non conosce vincitori.
Vittorio Lingiardi, Arcipelago N, Einaudi
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