Catena Fiorello: “Amuri”

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Catena Fiorello ci parla del suo ultimo romanzo, Amuri. Una storia di rinascita, ma anche di segreti di famiglia. Ambientata in un'isola, tanto scomoda quanto affascinante

L’ultimo romanzo di Catena Fiorello, Amuri (Giunti Editore)  inizia con Isabella, la trentacinquenne protagonista, che decide di fare una vacanza da sola sull’isola dove ha passato, da piccola, le vacanze più felici. È in crisi con il marito e spera su quell’isola delle Eolie, dove sono cresciuti i suoi nonni e sua madre, di trovare la serenità necessaria per fare il punto sulla sua vita.

Come nasce questa storia?

«Dal desiderio di raccontare alcuni rapporti conflittuali nascosti in famiglia, un tema a me molto caro. La famiglia è microcosmo, nido, ambiente protetto, ma anche un luogo dove si nascondono molti non detti».

Segreti?

«Anche, ma spesso sono amare verità che vengono taciute per non ferire o per non creare contrasti ma che. se accumulate nel tempo, diventano pesanti come condanne. Molto meglio discutere, dirsi in faccia ciò che si pensa che lasciar sedimentare rancori e ferite. E non è solo una materia romanzesca: in moltissime famiglie ci sono verità taciute che, quando arrivano all’interessato,  risultano choccanti. Anche se molte volte, all’origine di questi non detti ci sono dei piccoli episodi, perfino delle futilità».

Nel romanzo, questi non detti riguardano soprattutto la famiglia d’origine di Isabella e la figura di sua madre che, all’inizio del romanzo, dice una cosa terribile: “Tutte le coppie vanno al macello e quelle che non ci arrivano è perché hanno deciso di sopportare in silenzio”.

«Sì, è terribile, ma dietro questa sentenza ci sono, appunto delle motivazioni che si scoprono via via. Mi piace pensare ai libri come finestre aperte su cose che avvengono ad altri ma che potrebbero accadere anche a noi. Perché, quando si apre una finestra, si portano alla luce anche quegli orrori di cui tutti siamo fatti».

Tutti?

«Certo, la perfezione non esiste, può essere solo di facciata. Mi fanno tenerezza le persone che hanno bisogno di sembrare perfette perché, più ci tengono a sembrarlo, più ti fanno chiedere dov’è il problema. Isabella, invece, viene da un matrimonio-guerra, quello dei suoi genitori, che la condiziona, ma stando sull’isola capisce che nel suo cammino si è portata dietro tutto il peso dei segreti della famiglia d’origine: se non scioglie questi nodi, se li ritroverà sempre davanti, nel suo matrimonio e in qualsiasi relazione».

La scelta di partire per un’isola è importante in questo percorso?

«Certo, ho scelto Alicudi, la più scomoda delle Eolie, la meno turistica, perché anche la storia di Isabella è scomoda. L’isola, dove lei non conosce più nessuno, le dà la possibilità di rimettersi in contatto con se stessa e con il proprio passato. Può andare alla ricerca di qualcosa che ancora non sa cos’è, ma di cui sente di avere bisogno. E alla fine, senza voler anticipare troppo, possiamo dire che  la sua sarà una storia di grande rinascita. Isabella non avrà timore a prendere le redine della sua vita e fare scelte magari di rottura, ma sue».

Hai scritto questa storia pensando a un tipo di lettore o lettrice in particolare?

«No, io so di avere lettori molto diversi, ma quello che più mi commuove è quando una persona che legge poco si appassiona a una storia. Ricordo una signora che, a una presentazione, mi disse che non aveva mai letto un libro da cima a fondo, ma che avrebbe cominciato col mio. E poi mi scrisse, mi disse che le era piaciuto, ne lesse un altro, poi un altro… insomma scoprì un mondo. È bellissimo, quando succede»

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