“Mila ogni tanto me lo rimproverava, di parlare così tanto degli altri per non parlare di me stesso, ed entrambi davamo per assodato che fosse una mia tara con precisi annessi e connessi. Le coppie vivono di mitologie, forse più ancora degli altri ridotti o articolati raggruppamenti umani. In realtà nemmeno lei, nonostante le sue confidenze abissalmente intime e l’ostentata divisa di non nascondere nulla di sé stessa, svelava i suoi mostri profondi. L’ho capito solo dopo che c’erano in noi zone buie che le nostre parole tanto perspicaci e disinibite non potevano raggiungere. Intuivamo entrambi che la nostra complicità non poteva spingersi in quelle profondità così mal illuminate e pericolose, così torbide, così in contraddizione con le nostre velleità e le nostre maschere.
L’origine dei nostri battibecchi, che erano sempre più frequenti e violenti, e che non si potevano più considerare semplici incidenti di percorso, a ben vedere era soprattutto lì, in quel negare alle nostre parole l’accesso alle plaghe più abissali, al non permettere loro di portare alla luce le parti più segrete di noi. In genere era proprio parlando di qualcuno che iniziavamo a bisticciare, senza renderci conto che stavamo in realtà parlando di noi, e proprio per questo ci scontravamo. L’ho capito solo dopo, quando ormai le lacerazioni, molto lentamente ma inesorabilmente, ci avevano portati al conflitto perenne”.
Un linguaggio molto complesso, quello utilizzato (non a caso) da Sartori per questi otto movimenti. Otto movimenti, otto capitoli, per cercare di fare luce sulle regole della fisica delle separazioni. Sulla bellissima copertina è raffigurata l’immagine di una mela tagliata in due con un coltello affilato, uno di quelli che si utilizzano per mangiare la carne fibrosa, spessa. Un taglio netto, le due parti ormai scisse, ma ancora complete, ancora coincidenti se avvicinate. Ancora attratte l’una verso l’altra.
Separarsi non è mai semplice. Ci separiamo da una persona che accanto a noi sembra non funzionare più ma insieme a lei vengono a crollare, come per un effetto domino, tutte le concatenazioni che quel legame, nel tempo e nello spazio, ha creato. Diventa quindi difficile quello che a livello epidermico, di massa (ecco di nuovo l’esempio della mela tagliata in due) sembra semplice, consequenziale. Separarsi da un uomo, da una donna, da una moglie o da un marito, da un amante, significa separarsi da categorie mentali alle quali ci siamo abituati. Il fastidio che ci ha portati alla distanza, alla necessità di intraprendere un percorso diverso, non condiviso, lascia un grande spazio alle malinconie creative (i ricordi si arricchiscono indistintamente, a fantasia libera), ai tentennamenti, alla (ri)costruzione di ponti, alla rielaborazione della storia, e dell’epilogo, sentimentale.
Il protagonista del romanzo di Sartori si separa da Mila, la moglie. Si separa da una madre. Dal ricordo delle donne che ha avuto nel passato. In qualche modo si separa dalla nuova compagna, di tanto più giovane di lui, una separazione che non porta all’allontanamento ma alla definizione di due individualità che “per incollarsi, per arrivare a farlo alla perfezione, in modo da affrontare come si deve il futuro, ci è voluto del tempo, come per il resto”.
Separarsi è un desiderio che arriva potente. Una forza uguale e contraria si oppone: è la resistenza dell’affetto, della storia comune, delle fortezze costruite. Una forza aggressiva si aggiunge: quella dell’ego, un ego possessivo, protagonista assoluto, padrone.
Quello di Sartori è uno scritto densissimo. Per non cedere alla violenza che spesso i cambiamenti innescano, per non (ag)gravare la vita, per non opporsi alle separazioni necessarie, consiglio questa lettura, questi otto movimenti.
Giacomo Sartori, Fisica delle separazioni, Éxòrma
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