Forse ci ritroveremo di E. Lockhart

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Era il terzo giorno del lavoro estivo di Adelaide Buchwald, l’estate dopo il penultimo anno di liceo. Quell’estate si sarebbe innamorata e disinnamorata più di una volta, in modi diversi, in mondi diversi. In ognuno, fu consumata dalle profonde contraddizioni del suo cuore. Adelaide voleva essere salvata e voleva essere indipendente. Era incline alla pigrizia, alla curiosità, e al pensiero magico. Era impossibile resistere al suo fascino; tuttavia, era profondamente infelice. Era una bugiarda e detestava le bugie. Amava in modo sincero e anche sconsiderato. Apprezzava la bellezza. (…) Adelaide e suo padre, Levi Buchwald, si erano trasferiti alla Alabaster Prep per il suo penultimo anno di liceo. Adelaide viveva nel dormitorio della scuola e Levi negli alloggi della facoltà. La nuova casa di suo padre era in legno, di dimensioni ridotte, sul limitare del campus. Era arredata con acquisti di seconda mano e strapiena di libri. Lui era un insegnante di letteratura inglese. La madre di Adelaide, Rebecca, e il fratellino, Toby, avevano trascorso l’anno insieme in una casa in affitto a Baltimora. Toby era molto malato. Rebecca si stava prendendo cura di lui. (…) Adelaide non era depressa. Non si sentiva mai di cattivo umore. Era piena di energia. Era loquace. Ma puoi essere loquace e dipingerti le unghie per proteggere le altre persone dalla tua tristezza. Adelaide non riusciva a trovare un solo motivo per essere felice, dentro di sé. Non c’era e basta”.

Ho già avuto modo di elogiare questa scrittrice, letta per caso quest’estate grazie a un romanzo lasciato da mia figlia quindicenne sul suo comodino. Ho adorato talmente tanto L’estate dei segreti perduti che ho voluto provare con un secondo appuntamento, testare il colpo di fulmine. Confermo la prima impressione. È nato un grande amore.

Adelaide ha un fratello più piccolo, Toby. Un fratello che tutti adoravano, in famiglia, a scuola. Nonostante questo, alle soglie dell’adolescenza, senza un motivo, senza uno straccio di problema vero, Toby ha inciampato. E male. Pillole. Eroina. È stata Adelaide a trovarlo steso, quasi senza vita, in bagno. Il respiro ridotto ad un rantolo, la siringa insanguinata a pochi centimetri dal suo corpo. Il personale medico è arrivato in tempo, Toby si è salvato, e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma è durato un attimo: la tossicodipendenza è una discesa vertiginosa verso l’inferno. Risalire è difficilissimo. Recuperare tutto quello che la droga distrugge quasi impossibile.

Per non impazzire, per non esplodere, la famiglia decide di prendersi uno spazio ampio. Padre e figlia al college, madre e figlio a lottare contro il mostro. L’unione molto spesso non fa la forza, come invece recitano i leitmotiv zuccherini, e chi nella vita si è scontrato con i veri drammi questo, purtroppo, lo sa. Adelaide cerca di raccogliere briciole di sé, cerca di ricostruire la vita come l’aveva immaginata prima, come l’aveva attesa, desiderata. Sperata. A sedici anni l’estate dura una vita e una vita durano gli amori, i castelli in aria che crediamo costruiti in cemento armato. Mikey Doppia L, Jack, Oscar. L’estate dei sedici anni è infinita e tre amori ‘per sempre’ trovano spazio, trovano cuore. Trovano spazio e trovano cuore le possibilità, le cose che accadono davvero e quelle che vorremmo, quelle che decliniamo, quelle che si allontanano.

Ho detestato i miei sedici anni. Sono stati tremendi, infelici, bui. Se li guardo da qui, però, se li osservo a margine di questa letteratura delicata e non forzata dentro finali improbabili e di carta, ne avverto la necessità. E la forza.

E. Lockhart, Forse ci ritroveremo, DeA

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