“La Grecia è un Paese con un tasso basso di omicidi. Così basso che molti si chiedono come sia possibile, in una nazione in crisi con un alto tasso di disoccupazione, corruzione e disordini sociali. Secondo una risposta umoristica i greci, piuttosto che uccidere qualcuno che odiano, preferiscono lasciarlo vivere in Grecia. Secondo un’altra non abbiamo una criminalità organizzata perché non siamo capaci di organizzare. Però abbiamo il sangue caldo. Abbiamo il delitto passionale. E io sono l’uomo che chiamano quando c’è il sospetto che dietro l’omicidio ci sia il movente della gelosia. Dicono che sento l’odore della gelosia. Ovviamente, non è vero. La gelosia non ha né un odore, né un colore, né un suono particolare. Però ha una storia. E proprio ascoltando quella storia, sia il detto che il taciuto, riesco a stabilire se mi trovo davanti a un animale disperato, ferito. Ascolto e capisco. Capisco perché cerco di sentire me stesso, Nikos Balli. Capisco perché sono anch’io un animale ferito. (…) Perché ci sono passato anch’io. Perché la nostra gelosia elimina la differenza tra te e me, (…) siamo tutti dei morti viventi che barcollano per le strade spinti da un unico scopo: riempire il grande buco nero che abbiamo dentro di noi”.
Intanto c’è da dire che questo volumetto è una raccolta di racconti, sette per la precisione, e chi ama la tensione sa che il racconto non è la forma adatta a questo genere. Uno dei racconti, quello che dà il titolo al libro, è un po’ più corposo e da quello ho tratto il breve brano in apertura, quello nel quale Nikos Balli, esperto di gelosia, si presenta. Ci sono due gemelli, Julian e Franz, c’è una donna che interessa ad entrambi. Uno dei gemelli è scomparso. Uno dei due dirà: “La collera della gelosia è, come l’innamoramento, una forma di pazzia che spinge la gente a fare cose che non si sarebbe mai sognata”. Gli altri racconti, tutti per palati nordici, per amanti di crimini sottilissimi, sono storie in realtà quasi di educazione grammaticale alla struttura della gelosia, pulsione potentissima e divorante che penetra e infetta ogni sentimento e stritola l’io. C’è un racconto brevissimo, sette pagine appena, che si intitola La fila. La narratrice/protagonista lavora di un 7-Eleven, siamo in piena pandemia da Covid. Ne ha viste tante, nella sua vita, di cose. Ne ha viste, di file. E quel ragazzo che in maniera prepotente passa davanti agli altri clienti perché ha fretta di prendere la metro e davanti al suo ‘rispetti la fila’ la chiama ‘muso nero’ commette un errore. Tocca un tasto che innesca una bomba.
“La gelosia non ha né un odore, né un colore, né un suono particolare. Però ha una storia”. Nikos Balli lo spiega in modo perfetto, cos’è la gelosia. Non è nulla, non è un odore, non è un suono, non è un colore ma ha una storia, la storia di un nulla che crea un vuoto, che genera una solitudine, una rabbia, un dolore che sbrana. Non sono solo l’amore o la ricchezza a slatentizzarla. Anche l’incapacità di saper imporre la nostra personalità, la debolezza caratteriale – la chiamiamo ‘rispetto’ ma questa spiegazione ci convince sempre meno, con il tempo – che non ci consente di rispondere a tono (anche con i fatti) a chi con arroganza mette in atto comportamenti prevaricatori, sono acceleratori di astio, di desiderio di annullare nell’altro tutto quello che ci sta togliendo.
L’errore però sta proprio in noi, cari lettori di thriller, cari ‘gelosi’. La gelosia non può trovare posto se alle cose, alle azioni altrui, ai tradimenti, troviamo e attribuiamo un giusto significato. Se ai nostri vuoti smettiamo di cercare responsabilità esterne. La gelosia, cari lettori ‘gelosi’, è un errore esistenziale, un corto circuito che comincia e finisce con noi stessi. La gelosia è un crimine che si ritorce contro chi la porta con sé. Gettatela via: è tra i sentimenti il più semplice, il più arido.
Jo Nesbø, Gelosia, Einaudi
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