di Tiziana Pasetti
Trama – Ville meravigliose, cibo in abbondanza, cure preziose: questo garantiva la nazione tedesca alle future madri ‘perfette’. “Lebensborn”, si chiamavano. Il programma fu istituito nel dicembre 1935 dal generale Heinrich Himmler. Un prodotto dalla provenienza eccellente per garantire alla Germania la prosecuzione della razza: padri appartenenti alle SS e madri con basi razziali pure. Migliaia di bambini sono nati, sono stati molto spesso dati in adozione a richiedenti eccellenti togliendoli alle madri, che non erano a conoscenza della loro funzione. Sono stati chiamati, tutti quei bambini, figli di Hitler, “di buon sangue”. I nascituri venivano misurati e valutati con grandissima attenzione: chi non rientrava nella perfezione veniva soppresso. Il romanzo della De Mulder racconta una di queste ‘maternità’. Le infermiere (Helga soprattutto) che prestavano servizio, le donne che partorivano (Renée la francese che aspetta il ritorno del suo amato, un soldato tedesco, e Geertrui che partorisce un bambino che non soddisfa i canoni, soprattutto), i medici (il dottor Ebner soprattutto), i prigionieri invisibili (Marek soprattutto) necessari per garantire alle strutture la performance migliore. Era davvero, quello, un paradiso? E quelle donne? Essere tedesche voleva dire davvero essere pronte a tutto per la Nazione e per l’uomo che la guidava?
Un assaggio – (Diario di Schwester Helga) “Heim Hochland, mercoledì 31 gennaio 1945. Ieri sera, nella sala comune, abbiamo ascoltato tutte il discorso del Fűhrer alla radio, c’era anche il dottore. Ne ho ricavato l’immagine di un’Europa gravemente malata. I Paesi affetti da questa malattia attraversano una crisi dalla quale i più forti si riprenderanno, mentre altri soccomberanno. Solo quelli in via di guarigione, e che quindi sopravvivranno, si troveranno a superare la fase parossistica della malattia, che nondimeno li debiliterà per un certo periodo. Ed è giusto che, per salvare il nostro popolo, noi non indietreggiamo davanti a nulla. Il nostro popolo, la cui resistenza non ha fatto che aumentare negli ultimi dodici anni, ed è questa resistenza che ci garantirà la vittoria finale. Dopo il discorso, il dottore ha spento la radio e ci ha detto che anche noi combattiamo questa malattia, con le armi che ci sono proprie, infondendo sangue nuovo nel corpo dell’eterna Germania. Da rileggere nei momenti di dubbio! Sì, qui operiamo per guarire e salvare. La neve caduta la notte scorsa tiene ancora”. La prima volta dopo tanto tempo che riprende a scrivere. Il lieve tremore alle dita la costringe a stringere più forte la stilografica, per evitare che le sfugga. Sfoglia il diario. Da novembre quasi più niente, soprattutto numeri. Date seguite dal numero di bambini e donne arrivati in un dato giorno. Punti esclamativi. Ogni tanto il numero totale di bambini accolti. Ultimamente, il numero di ore in cui è riuscita a dormire. 3 gennaio, 2 ore. 11 gennaio, 3 ore e mezza. 29 gennaio, non ho chiuso occhio, le mani si fermano ma la testa continua ad andare! Il medico dice: un po’ di latte e miele. Lei è forte, Schwester Helga, quando sarà davvero spossata ricomincerà a dormire”
Leggerlo perché – Non ho apprezzato molto la forma del romanzo (in particolare la chiusura, uno zuccherino inutile e stonato) ma l’intenzione è buona. Si parla di donne e si parla del potere, si parla di forza e di totale asservimento a un’idea. Come hanno vissuto dall’interno gli appartenenti alla razza, i tedeschi? Tutti brutti e cattivi, tutti davvero coscienti della realtà delle cose? La storia prende il tempo e lo riduce alle briciole, lo comprime in una manciata di pagine. È comodo così. Ma è una semplificazione (che risponde alla necessità di soddisfare il bisogno di risposte chiare delle persone, di chi ha vinto e di chi ha perso), una suddivisione a metà, che oggi non regge più. Non abbiamo sempre accesso alla verità, mentre il presente accade. Anzi. Non ce l’abbiamo quasi mai. E le nostre buone azioni inconsapevoli – e il romanzo merita la lettura soprattutto per la figura di Schwester Helga – spesso piccoli squarci di luce nella profondità del male.
Caroline De Mulder, I bambini di Himmler, Einaudi
Traduzione di Simona Mambrini
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