La via selvatica di Adriano Favole

Leggi con noi
Ascolta la storia

Un viaggio esplorativo incantevole nei luoghi dove non c'è cultura: gli ambienti selvatici ad alta densità di vita

di Tiziana Pasetti

Trama – L’antropologia è la scienza che studia le culture umane. A differenza della storia questa non mette sulla bilancia i poteri, le guerre, le vittorie; l’antropologia non giudica, non classifica, l’antropologia osserva, ascolta e poi racconta altrove le altre versioni umane, gli altri adattamenti, gli altri passi, le altre velocità, le altre condivisioni. Ma la cultura non risolve, “le culture che abitiamo sono circondate, assediate, attraversate dall’incolto, cioè da vite, forze, presenze non umane”. Tutto ciò che non è cultura è incolto, e l’incolto “è uno spazio ad alta densità di vita” che convive con noi. Questo essere umani e portatori di cultura in ambienti selvatici è oggetto di questo libro splendido. Preparatevi a partire per un viaggio esplorativo incantevole tra le radure delle Alpi occidentali, lungo e sui fiumi dell’Amazzonia, sull’isola di Futuna, nella foresta di Tchamba e tra i vulcani di La Réunion. Conoscerete amici meravigliosi: api, fiori, montagne, barriere coralline, funghi, alberi. Uomini e natura, insieme, sono protagonisti e cittadini di società complesse, di enigmi che proteggono il segreto del mondo.

Un assaggio – Futuna, in Polinesia occidentale, è una finis terrae, un’isola alla fine della Terra. Mi hanno sempre attratto questi luoghi. Località di campagna e di montagna o isole dove le strade, le linee marittime o le aree si interrompono, dove non si può che tornare indietro. Forse è un’ossessione che viene da lontano. Sono nato e ho vissuto i primi anni della mia vita in una vecchia cascina coloniale, la Ca’ Bianca, frazione Isola di Bene Vagienna, in cui andava a morire l’unica strada sterrata. La gente diceva che il nome Isola veniva dal fatto che un tempo, quando il torrente Mondalavia esondava, la piccola frazione sembrava un’isola in mezzo alle acque. Alla Ca’ Bianca finiva la strada e con le automobili non si poteva andare altrove: a piedi invece ci si poteva muovere a 360 gradi, campi di grano e neve permettendo. Con mio nonno e con il suo setter inglese, dalla cascina risalivo la collina verso le vigne, in una località che si chiama il Bric del Mund, la “Cima del Mondo”. Quando dalla pianura sottostante si guarda il profilo dell’altopiano del Beinale, un’antica duna fossile di un mare preistorico, si nota un bricco, ovvero una piccola altura. È la cima del mondo dove mio nonno coltivava vini dolcetti e neiretti. Per arrivarci si lambiva il cortile di un’altra cascina, la Cupa d’Or, la Coppa d’Oro. Sembra che fosse stata chiamata così dopo la vittoria dei mondiali di calcio del 1934.

Leggerlo perché – Vi incanterà come è successo a me, credetemi. Scoperto davvero per caso mentre sistemavo sulla scrivania i libri arrivati qui a Roma per mia figlia Vera che vive e studia e lavora a Milano ma in questi giorni è a un campo di Libera nel basso Lazio, l’ho aperto per dare uno sguardo veloce a quelle che ormai chiamo le Veraviglie: ogni cosa che legge lei è superba e stupefacente. Una scrittura di rara precisione, delicata e affascinantissima, quella di Favole (che cognome gagliardissimo per uno che racconta il reale!), un invito a guardare oltre la nostra cultura per scoprire che questa è solo una risposta ‘organizzata’, solo una tra le tante, alle infinite domande che ogni uomo e ogni gruppo sociale si pone. Conoscere le altre, scovarle negli angoli meno ‘connessi’ del pianeta, osservare il loro legame con il territorio e la natura, il dialogo silenzioso che dice più delle parole codificate, andare a imparare – percorrendola – quello che ci racconta e insegna la ‘via selvatica’ è la strada giusta per “liberare la nostra immaginazione verso un nuovo mondo fatto di partecipazioni, di somiglianze, di relazioni”.

Adriano Favole, La via selvatica, Editori Laterza

Confidenze