di Tiziana Pasetti
Trama – San Pietroburgo, quattro notti. Un uomo solitario, incapace di stabilire relazioni sociali, osserva la città svuotarsi. Il sole tramonta alle dieci di sera, il giorno dura all’infinito; confonde il senso della notte, quella luce che insiste. Tutti lasciano la casa cittadina per raggiungere la dacia in campagna. Tutti tranne l’uomo solitario (le sue uniche amiche, le case che osserva e con le quali chiacchiera mentre passeggia, non lasciano la città) e una donna, una ragazza, che l’uomo incontra per caso; la ragazza sta piangendo. Un coraggio alieno – si tratterà forse di un sogno? – spinge l’uomo ad avvicinarla. A parlarle. Ad ascoltarla. La ragazza ha perso un amore, un ragazzo che doveva raggiungerla dopo un anno di lontananza e che non si è presentato all’incontro. Quattro notti per illudersi che la vita possa cambiare in pochi istanti, che un incontro possa salvarci dai nostri blocchi, che il dolore altrui possa passare in un momento grazie alla nostra presenza, che un’emozione nata dal bisogno, dalla paura, dalla solitudine, possa creare le basi solide di un’intera esistenza.
Un assaggio – Le mie notti finirono quel mattino. Il tempo era brutto. Cadeva la pioggia, battendo mestamente sui vetri della finestra; nella mia piccola stanza regnava il buio, e anche fuori faceva buio. Mi doleva e mi girava la testa. Sentivo la febbre penetrare in ogni angolo del mio corpo. «È arrivata una lettera per te, batjuška. Me l’ha portata il postino» disse Matrëna. «Una lettera! Di chi?» esclamai, sobbalzando sulla sedia. «Non so, batjuška, guarda tu, ci sarà scritto da chi viene». Spezzai il sigillo. Era una lettera di lei! «Perdonatemi, perdonatemi!» mi scriveva Nasten’ka. «Ve ne prego in ginocchio, perdonatemi! Ho ingannato voi e me insieme. È stata una visione, un sogno… Il pensiero di voi mi ha fatto soffrire tanto. Vi chiedo perdono, perdono!… Non mi accusate, perché io non sono cambiata nei vostri riguardi. Vi dissi che vi avrei amato, e che adesso vi amo, anzi sento per voi qualcosa di più dell’amore. Dio mio! Se potessi amarvi tutti e due insieme! Oh, se voi foste lui!» «Se lui fosse voi!» queste parole mi balenarono per la mente. Nasten’ka, non scordo queste tue parole! «Dio vede ciò che io vorrei fare adesso per voi! Siete triste e angosciato, lo so. Io vi ho umiliato, ma voi sapete che chi ama non ricorda a lungo le offese. E voi mi amate! Vi ringrazio! Sì, vi ringrazio per questo amore, perché nella mia memoria si è impresso come un dolce sogno, che ricordo a lungo dopo il risveglio. Ricorderò per sempre il momento in cui, come un fratello, mi avete aperto il vostro cuore e avete accettato in dono il mio, mortificato, per proteggerlo, accarezzarlo, guarirlo… La settimana prossima lo sposerò. Egli è tornato innamorato, non mi aveva mai dimenticata… Non vi arrabbiate se vi ho scritto di lui. Perdonate, ricordate e amate»
Leggerlo perché – Il più grande romanziere di tutti i tempi scrive in poche pagine un trattato delle relazioni tra uomo e donna, relazioni disfunzionali, brute, immature. Leggerlo perché è attualissimo, forse oggi più che mai. L’alienazione in cui siamo precipitati (non tanto fisica ma mentale, bloccati dall’incapacità di mettere la nostra personalità vera sul tavolo in cui si gioca la vita vera) e l’egocentrismo che mette i nostri bisogni davanti a qualunque cosa (le persone diventano questo, cose, oggetti che devono rispondere alle nostre necessità). I dialoghi tra i due protagonisti sono folli e assolutamente riscontrabili nella realtà: diciamo cose che filtriamo, piangiamo cose che non capiamo, pretendiamo cose che ci sfuggono. Cose, persone, i due termini diventano sinonimi, diventiamo una cosa, un oggetto nelle nostre mani, che facciamo recitare ‘inanimato’ adattandolo alle attese, ai desideri, alle illusioni, alle idealizzazioni. Anche quando veniamo usati, traditi, se a far forza, a opporre resistenza, non c’è un carattere ad occhi aperti, tendiamo a mortificare ancora di più il nostro io cercando spiegazioni, assoluzioni. Perdoniamo chi ci ha usato non per magnanimità ma per non dover ammettere di essere stati invisibili per l’altro, invisibili nella nostra identità. Il più grande romanziere di tutti i tempi è il Signore della mente umana, il più grande conoscitore dei nostri profondi abissi, della nostra mediocrità. Delle nostre paure.
Fёdor Dostoevskij, Le notti bianche, Mondadori
Ultimi commenti