L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio

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Il romanzo vincitore del Premio Strega è un tributo alla Regione Abruzzo, e una riflessione sulla complessità dei rapporti genitori-figli

di Tiziana Pasetti

Trama – Lucia ha vent’anni e l’estate ancora da vivere anche se agli sgoccioli. Lucia ha un’amica del cuore, Doralice. Doralice è la figlia del miglior amico di suo padre. Lui e la moglie hanno aperto un campeggio sulle terra del padre di Lucia, su in montagna, a valle del Dente del Lupo, la vetta più impegnativa degli Appennini, torrione prossimo alla cima del Monte Camicia. Una notte bastarda cambia la vita di tutta la comunità locale, cambia i rapporti tra le persone, di alcune porta via se non il corpo l’anima. Lucia e Doralice si allontanano, è solo nei romanzi o in certi film che le disgrazie uniscono. Lucia oggi è madre, madre di Amanda, vent’anni anche lei, tornata a casa dopo essere partita per studiare a Milano. All’inizio era stata la pandemia a giustificare quella fuga ma in realtà Amanda è tornata per restare, nella città che aveva sognato è accaduto qualcosa, una notte, e Lucia non ha dato peso, non ha indagato troppo, non è voluta tornare in un buio che ha già vissuto. Si è aggrappata alle altre vertigini della sua vita, un marito che è stato un grande amore e adesso vive altrove, il padre ormai anziano che vuole lasciarle in eredità quel pezzo di terra. Si è aggrappata a tutto per non impazzire dietro a sua figlia e a quello sguardo svuotato che le ricorda gli occhi di Doralice, dopo. Dopo quella notte che macchiò di sangue la montagna e portò via due giovani vite.

Un assaggio – In un periodo fortunato le piazzole non bastavano più, le tende si accavallavano quasi, e gli impareggiabili arrosticini della Sceriffa richiamavano gente al casotto di fronte. Anche la piscina così in alto attirava, me compresa. Era divertente confondermi tra gli ospiti. Nuotavo con loro e a volte mi spacciavo per una turista. Doralice dal bordo cercava tra quelle teste bagnate la mia. La rivedo che sbatte le palpebre, abbagliata dai riflessi del sole sull’acqua. Osvaldo era soddisfatto, un’idea pazza di sua moglie era diventata realtà e prosperava. Piccoli debiti si accumulavano, ma lui si sentiva le forze di onorarli fino all’ultimo. La piscina funzionò per due estati soltanto. Era ancora nuova in quell’agosto che rivoltò ogni speranza. L’anno dopo il campeggio riaprì, ma il tempo si mise subito contro. Fu un giugno piovoso, in montagna sembrava novembre, però verde. A luglio un vento mai visto spazzò via le due tende canadesi solitarie piantate al Dente del Lupo. Mio padre gli corse dietro, mentre volavano per impigliarsi alle chiome rabbiose dei faggi. Dava una mano a Osvaldo, quando poteva. Quei quattro campeggiatori erano così spaventati che partirono al tramonto, recuperando solo una parte di ciò che le raffiche si erano portate. Senza la Sceriffa il posto non era più lo stesso, ma lei era irremovibile, non ci sarebbe tornata.

Leggerlo perché – Non ho mai consigliato i libri di Donatella perché per me è un po’ come consigliare qualcosa scritto da un parente, una sorella. Sia chiaro, io e lei non ci conosciamo, ci siamo solo sfiorate anni fa (uno di quegli incontri insignificanti e dimenticabili – perché veloci e affollati – tra giornalisti e scrittori) a teatro all’Aquila durante la prima dell’Arminuta, una donna piccina, discreta, con due occhi incredibili. Leggete questo libro (ma anche gli altri), Donatella racconta l’Abruzzo in modo fotografico e diagnostico, una risonanza magnetica della sua struttura ossea, una tac della sua anima. I fatti raccontati con delicatezza magistrale (aver cambiato nome ai protagonisti e aver spostato di qualche chilometro i luoghi dove avvenne la mattanza, la Maiella, non ha alterato il senso della cronaca, del ricordo) e l’estensione fantasiosa, creativa, letteraria compongono un insieme narrativo elegante – Premio Strega meritatissimo – che trascina. Non è solo un romanzo che prende spunto da un accadimento, è anche un romanzo sulla complessità genitoriale (una frase brevissima dice tutto quello che nessuno ha la forza di ammettere: La vedo tra i filari, i capelli raccolti che sempre sfuggono. Mi pesa, la amo più di tutto), quella di un tempo ormai lontano e quella dei nostri tempi: qualcosa è cambiato per sempre, molto non cambierà mai. È un romanzo di profumi, quelli che arrivano dal mare e quelli che scendono dalle montagne e che si incontrano a metà strada creando la magia di un clima unico. È un romanzo di sapori, quelli del cibo semplice e inimitabile di queste terre. È un romanzo di geologia umana. È un atlante che descrive alla perfezione questa regione aspra e dolcissima, è un ritratto e un tributo. Non ultimo, è una lezione di grande, centellinata, scrittura.

Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile, Einaudi

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