Lolita di Vladimir Nabokov

Leggi con noi
Ascolta la storia

Un capolavoro della letteratura del Novecento, che fece scandalo a suo tempo. Scritto in inglese da un autore russo

di Tiziana Pasetti

Trama – Humbert Humbert fa il professore, ha 40 anni. Lolita ne ha 12. Humbert è l’autore del diario che ci ritroviamo tra le mani, un diario in cui c’è la storia di un uomo che arriva negli Stati Uniti (a Charlotte, Carolina del Nord) e conosce una donna, una donna che sposa. Alla sua morte diventa l’amante della figlia e con lei viaggerà l’America in lungo e in largo. Il diario che abbiamo tra le mani Humbert l’ha scritto in carcere. Perché, cos’ha combinato per finire dentro? E Lolita dov’è? Con chi? (La trama del libro, un classico, è nota a tutti. Così come il suo finale. Evito di riproporla nella sua interezza per non togliere al libro quella necessaria alea di mistero che merita ogni narrazione, in ogni tempo).

Un assaggio – Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita. Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell’estate. Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata. Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine. Sono nato nel 1910, a Parigi. 

Leggerlo perché – Semplicemente perché è un capolavoro. Nabokov lo scrisse in inglese e riuscì a farselo pubblicare dopo una serie di secchi no da una casa editrice di Parigi nel 1955. Dieci anni dopo lo tradusse in russo, la sua lingua madre. Di Lolita si è scritto tutto e il contrario di tutto, romanzo osannato e romanzo condannato, ancora oggi faro che illumina la strada a chiunque voglia scrivere di perversi sentimenti. Nabokov, che solo due parole in letteratura temeva – “semplice” e “sincero” – credo abbia in vita poco apprezzato la cecità della lettura superficiale, della riduzione a semplice trama di una delle più complesse e geniali costruzioni narrative del Novecento. Storie di uomini adulti innamorati di ragazzine ci sono anche nella Bibbia, ci sono ovunque (sane alcune, malate alcune), storie di scrittura miracolosa no, ce ne sono poche. Leggete Lolita con piacere e accoglienza, non abbiate paura di H.H., non compatite la ragazza, non cadete nell’errore di portare nella realtà caratteri partoriti dalla fantasia, leggetela con gratitudine verso questo autore nato a San Pietroburgo e che dopo i primi nove romanzi scritti in russo cominciò a scrivere in una lingua, l’inglese, che aveva imparato già da bambino e che diventò la sua dopo essersi rifugiato negli Stati Uniti nel 1941. E non fate l’errore di fermarvi all’ultima riga del romanzo, andate avanti e leggete le parole che vi faranno capire tutto di questa opera-mondo, di chi sia davvero H.H., chi sia davvero Lolita, forti di una verità eterna: la letteratura si è sempre servita di – ve lo ricordate per esempio un certo Dante? – figure retoriche. Anzi, l’estate mi ha sempre resa generosa, ve le regalo io: Dopo che l’Olympia Press pubblicò il libro a Parigi, un critico americano avanzò l’ipotesi che Lolita fosse il resoconto della mia storia d’amore con la letteratura romantica. Questa elegante formula diverrebbe più esatta se si sostituissero a «letteratura romantica» le parole «lingua inglese». Ma ora sento che la mia voce sta raggiungendo toni veramente troppo striduli. La mia tragedia privata, che non può e non deve riguardare nessun altro, è che ho dovuto abbandonare il mio idioma naturale, la mia lingua russa così ricca, così libera, così infinitamente docile, per una marca d’inglese di seconda qualità, priva di tutti quegli apparati – lo specchio ingannatore, il fondale di velluto nero, le tacite associazioni e tradizioni – che l’illusionista indigeno, con le code del frac svolazzanti, può magicamente usare per trascendere a suo modo il retaggio dei padri.

 

Vladimir Nabokov, Lolita, Adelphi

Traduzione di Giulia Arborio Mella

Confidenze