Lorenza Gentile: “Tutto il bello che ci aspetta”

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Una trentenne in crisi. Un improvvisato viaggio verso la Puglia. Il ritorno a un luogo speciale, dove la protagonista ha passato l'infanzia. E dove forse può ritrovare ciò che ha perso. L'ultimo romanzo di Lorenza Gentile è un inno alla gioia che la vita riserva a chi sa cercarla

Selene è una trentenne in crisi: è single, ha aperto un ristorante che non va bene ed è convinta di essere un disastro. D’istinto, sale in macchina e guida verso il paesino pugliese dove ha vissuto parte della sua adolescenza. È solo l’inizio dell’ultimo romanzo di Lorenza Gentile, Tutto il bello che ci aspetta (Feltrinelli).
La tua protagonista ti somiglia?«Un po’, certo. L’estate scorsa ero in Puglia e ho sentito di voler raccontare un’esperienza che fa parte anche del mio passato: tra i cinque e i sei anni con la mia famiglia ho vissuto in un ashram, una comunità di stampo induista, in Valle d’Itria, che poi abbiamo continuato a frequentare per anni d’estate. Ho ricordi di un’infanzia molto libera, un po’ selvaggia, che ho trasferito alla mia Selene. Allo stesso tempo, sentivo di voler raccontare un altro mondo, molto diverso da quello libero della mia infanzia: il mondo che impone di avere successo, di riuscire a ogni costo, e che oggi per tanti è fonte di malessere».Arrivata in Puglia, Selene si lascia guidare un po’ dal caso. L’atmosfera di magia è voluta?

«Sì c’è un senso di destino, che sento anche nella scrittura: parto da certe premesse, poi mi lascio guidare dalla storia. In generale, è quando prendiamo le distanze dalla quotidianità e iniziamo ad ascoltarci, che le cose possono muoversi in modo un po’ magico. “Segui la tua felicità e l’universo ti aprirà porte dove prima c’erano muri” è una frase del saggista Joseph Campbell nella quale credo molto. Io l’ho sperimentato nella vita personale ed è ciò che succede nei miei romanzi. Compreso questo».

In Puglia Selene ritrova la sua vecchia tata, e altre persone della sua infanzia, ma fa anche conoscenze nuove, spesso un po’ strane…

«Sì certo, i personaggi stralunati sono un po’ riflesso di come sono io, un po’ persone che incontro nel cammino, ma soprattutto Selene incontra personaggi che lei ha bisogno di incontrare,  ovvero un po’ simili a lei, leggermente “fuori posto” rispetto ai diktat della maggioranza. Di solito, queste sono le persone più interessanti,  quelle fedeli a loro stesse e che per questo possono sembrare un po’ strane. E le mie protagoniste, anche negli altri romanzi (come Le cose che ci salvano o Le piccole libertà, ndr) all’inizio sono sempre un po’ perse, lontane da se stesse, per cui penso che l’incontro con altre persone “fuori posto” posso aiutarle».

Come immagini o come sai che sono i tuoi lettori e le tue lettrici?

«Lettori e lettrici luminosi e sorridenti. Persone in cerca di qualcosa che non sanno nemmeno loro, ma che trovano nei miei romanzi possibilità. Persone che si mettono in discussione, che pensano di meritarsi la felicità e che sono anche coraggiose nel cercarla. La cosa bella è che molti lettori mi dicono che i miei libri hanno un impatto concreto, li aiutano a cambiare strada o a modificare certe abitudini o schemi di pensiero. Questo è molto bello e dà un senso quello che faccio in solitudine, quando costruisco un nuovo romanzo».

Hai scrittori o scrittrici di riferimento?

«Devo tantissimo ad Amélie Nothomb, una delle prime autrici che ho amato perché mi ha aperto delle possibilità di scrittura molto formative. Poi, sono per esempio una grande lettrice di Annie Ernaux, mi piace molto il modo in cui indaga sulle origini. Anch’io indago sempre il rapporto con le origini che poi va a formare chi siamo, e nel momento in cui un personaggio si libera, ripensa e riscrive il proprio passato. Poi altre, Elizabeth Strout, ma anche Natalia Ginzburg».

Hai qualche suggerimento per chi volesse iniziare a scrivere?

«Il suggerimento è scrivere, scrivere, scrivere. Cercare di arrivare in fondo a un progetto anche piccolo, un racconto singolo magari, ma compiuto. Per me è anche molto importante, se possibile, frequentare una buona scuola di scrittura perché ti dà le basi ed è un modo per essere letti da editor, altri scrittori, agenti letterari, persone che fanno parte e conoscono il mondo dell’editoria, che altrimenti può sembrare inaccessibile».

Tu stai già scrivendo qualcosa di nuovo?

«Certo. Sono impegnata con le presentazioni di questo romanzo, ma nella mia testa sto già scrivendo: ho la protagonista, ho la storia, i personaggi e mi sto accarezzando il progetto. È il momento più bello quello in cui la storia prende forma ed è un rifugio per me, un posto dove stare».

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